Risarcimento di € 221.332,06 per una perdita di chance di sopravvivenza del 25%

Negligenza medica in caso di avvelenamento: risarcimento agli eredi

Il Tribunale di Napoli ha riconosciuto la responsabilità della struttura sanitaria per la morte di un paziente ricoverato per malore, vomito e dolori causati dall’ingestione accidentale di un pesticida. Nonostante l’evidente gravità delle condizioni del paziente e la diagnosi di avvelenamento, il personale medico non ha fornito un trattamento adeguato.

Il paziente è stato dimesso superficialmente senza ricevere le cure necessarie o informazioni sulla gravità della sua situazione. Il giorno successivo è tornato in pronto soccorso in gravi condizioni e deceduto poco dopo. Il Tribunale ha accolto le tesi dei familiari, condannando la struttura sanitaria al risarcimento per la perdita di chance di sopravvivenza del paziente, trasmessa agli eredi (moglie e figlie).

Segue il riepilogo della sentenza a cura dell’Avv. Vincenzo Liguori:

Trib. Napoli 31/10/2023 n. 7182: responsabilità per negligente disinteressamento ed omessa decontaminazione del paziente avvelenato.

Il paziente si recava presso il Pronto Soccorso della struttura sanitaria, ove veniva ricoverato per malore diffuso, conati di vomito e dolori agli arti inferiori, provocati dall’accidentale ingestione di un pesticida diserbante (Diquat) mentre era intento a spargerlo nel fondo di cui era proprietario.
Il personale medico in servizio presso la struttura sanitaria, però, nonostante l’evidente gravità della condizione clinica del paziente (avvelenamento da pesticida), non sottoponeva lo stesso ad alcun trattamento sanitario in grado di salvargli la vita.
Infatti, nonostante la diagnosi di avvelenamento, i sanitari non provvedevano a sottoporre il paziente ad idoneo trattamento terapeutico, limitandosi ad effettuare allo stesso un’iniezione di glucosio ed a trasferirlo presso il reparto O.B.I. (Osservazione Breve Intensiva), da cui veniva dimesso il giorno seguente senza ricevere le opportune informazioni circa la gravità del suo stato di salute né, tantomeno, le opportune cure.
I sanitari in servizio presso la struttura sanitaria, infatti, sottovalutavano il caso del paziente e, nonostante fossero perfettamente a conoscenza dell’intossicazione, dopo l’accettazione non ponevano in essere alcuna procedura di decontaminazione né di prevenzione o limitazione dell’ulteriore assorbimento della sostanza velenifera, relegando il paziente – per l’intera notte – su una brandina senza alcuna assistenza e/o monitoraggio.
Lo sventurato paziente, il mattino seguente, veniva dimesso con la medesima superficialità con cui era stato preso in cura, senza essere informato in alcun modo né della gravità della sua condizione clinica né tantomeno dell’importanza di rimanere in osservazione al fine di limitare il rischio letale cui andava incontro.
Il giorno successivo, dopo pochi minuti dalle intervenute dimissioni, il paziente, in preda a violente convulsioni e ad un blocco renale, si recava nuovamente presso il Pronto Soccorso della struttura sanitaria, ove decedeva poco dopo per arresto cardiorespiratorio.

Il Tribunale:
– accoglie le tesi dei familiari del paziente;
– rigetta le tesi della struttura sanitaria;
– riconosce il danno da perdita di occasione favorevole subìto dalla vittima in vita;
– condanna la struttura sanitaria al risarcimento dei danni subiti in vita dal de cuius;
– liquida agli eredi (moglie e figlie) del de cuius il danno da perdita di chance, trasmesso loro iure hereditatis dal defunto, per la perdita delle serie, concrete ed apprezzabili chance di sopravvivenza che lo stesso avrebbe avuto in caso di corretta e tempestiva strategia terapeutica.

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