Risarcimento di € 748.074,73 – morte per errore medico – chirurgia addominale – infezione mortale – omessa diagnosi – perdita di chance di sopravvivenza

Errore chirurgico e omessa diagnosi: raddoppiato in Appello il risarcimento per morte

La Corte d’Appello di Napoli ha significativamente aumentato il risarcimento precedentemente riconosciuto in primo grado alla moglie di un noto docente universitario deceduto a seguito di gravi complicanze post-operatorie. L’uomo, affetto da adenocarcinoma del retto, era stato sottoposto a un intervento chirurgico che aveva però causato una lesione e perforazione iatrogena al colon-retto, non tempestivamente diagnosticata. Questa omissione aveva portato a una peritonite stercoracea e a un’infezione diffusa, trattate in ritardo quando ormai le possibilità di sopravvivenza del paziente erano minime.

La Corte d’Appello, confermando la responsabilità della struttura sanitaria già accertata in primo grado, ha accolto l’appello incidentale della moglie, riconoscendo il danno da perdita di chance di sopravvivenza subito dal marito e il danno patrimoniale da lucro cessante per la perdita del suo contributo economico. L’importo risarcitorio complessivo è stato così raddoppiato, superando i 748.000 euro, a testimonianza della gravità dell’errore medico e delle sue conseguenze fatali.

Segue il riepilogo della sentenza a cura dell’Avv. Vincenzo Liguori:

App. Napoli 21/5/2024 n. 2222 – responsabilità del chirurgo per lesione e perforazione iatrogena della parete del retto-colon, non diagnosticata, complicata da peritonite stercoracea (diagnosticata e trattata tardivamente) e successivo decesso.

Raddoppiato l’importo risarcitorio già ottenuto in primo grado dalla moglie del defunto (v. Risarcimento di € 400.079,04 per la morte del marito – Trib. Napoli, ordinanza del 27/9/2022, ove era già stata affermata la responsabilità della struttura sanitaria per la morte del paziente).

Il paziente, noto docente universitario partenopeo, era affetto da adenocarcinoma del retto prossimale e veniva sottoposto, pertanto, presso struttura sanitaria altamente specializzata nella cura dei tumori, ad intervento chirurgico videolaparoscopico di resezione del giunto retto-sigma ed asportazione della neoplasia.
Il decorso clinico dell’intervento veniva però complicato dalla comparsa di una perforazione iatrogena della parete intestinale del colon, con conseguente peritonite stercoracea ed infezione diffusa, diagnosticate e trattate troppo tardivamente, dopo oltre un mese dall’insorgere delle stesse, quando le chance di guarigione e sopravvivenza del paziente erano ormai sostanzialmente annullate dall’eccessivo decorso del tempo.

All’esito del giudizio di primo grado, il Tribunale aveva accertato le plurime responsabilità della struttura sanitaria ed aveva condannato la stessa al pagamento, in favore della moglie del paziente-defunto, del risarcimento dei danni subiti per:
► il danno da perdita del rapporto parentale, patito iure proprio dalla moglie superstite a causa del decesso del coniuge;
► il danno biologico terminale ed il danno morale catastrofale, patiti dal paziente durante il periodo di agonizzante sopravvivenza e trasmessi iure hereditatis alla moglie superstite.

La struttura sanitaria proponeva appello avverso tale decisione, ritenendola ingiusta sotto molteplici profili e sostenendo, tra l’altro, che la perforazione del colon non fosse ascrivibile al maltalento del chirurgo operatore, ma fosse in realtà addebitabile alle astratte complicanze della patologia oncologica “di base”, particolarmente aggressiva, su cui l’operato del chirurgo non avrebbe potuto incidere in alcun modo.

La moglie del defunto, nel resistere all’appello principale formulato dalla struttura sanitaria, proponeva a sua volta appello incidentale, lamentando l’incompleto accertamento e l’incongrua liquidazione dei danni, per avere il Tribunale omesso di accertare e riconoscere anche:
– il danno da perdita di chance di sopravvivenza del de cuius, patito dal paziente in vita e trasmesso iure hereditatis alla moglie superstite;
– il danno patrimoniale da lucro cessante, patito iure proprio dalla moglie del defunto per la perdita dei contributi economici da egli erogati in vita in favore della coniuge.

Nel corso del giudizio di Appello è stata disposta un’integrazione istruttoria – con ri-convocazione dei C.T.U. al fine di rendere chiarimenti sui profili di responsabilità – che ha confermato le responsabilità già emerse in primo grado.

La Corte di Appello, all’esito del giudizio, ha:
– rigettato l’appello principale proposto dalla struttura sanitaria;
– accolto l’appello incidentale della moglie del paziente defunto;
– confermato la condanna di primo grado a carico della struttura sanitaria, pari ad € 372.105,84;
– condannato altresì la struttura sanitaria a risarcire le ulteriori somme richieste con l’appello incidentale (per un totale, comprensivo della condanna di primo e di secondo grado, con rivalutazione ed interessi aggiornati ad oggi, di € 748.074,73);
– condannato altresì la struttura sanitaria al rimborso delle spese del doppio grado di giudizio;
– posto definitivamente a carico della struttura sanitaria le spese della C.T.U. di primo e di secondo grado.
– accolto il principio secondo cui la domanda di risarcimento del danno da lucro cessante o da perdita di “chance” patrimoniali esige la prova, anche presuntiva, dell’esistenza di elementi oggettivi dai quali desumere, in termini di elevata probabilità, l’esistenza di un pregiudizio economicamente valutabile;
– accolto il principio secondo cui, fermo il riconoscimento del risarcimento del danno da perdita parentale patito iure proprio dalla vittima-superstite per la morte del congiunto, sussiste altresì la possibilità di cumulare, nella medesima azione risarcitoria, la diversa domanda di risarcimento del danno da perdita di chance di sopravvivenza patito dal paziente in vita e trasmesso, iure hereditatis, all’erede superstite, stante la diversità ontologica della domanda iure hereditario per perdita di chances di guarigione o sopravvivenza rispetto a quella iure proprio per perdita del rapporto parentale.

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