Passeggera morta a bordo di una Smart su cui viaggiavano 3 persone: non indossava la cintura
Un tragico incidente stradale, avvenuto a bordo di un’autovettura Smart omologata per due persone ma con tre occupanti, ha causato la morte di una giovane passeggera. La Corte d’Appello di Napoli, pur riconoscendo la responsabilità del conducente per la perdita di controllo del veicolo dovuta all’eccessiva velocità in prossimità di una curva pericolosa all’interno di una galleria, ha accertato una corresponsabilità della vittima nella misura del 30%.
Tale concorso di colpa è stato attribuito alla passeggera in ragione del mancato utilizzo della cintura di sicurezza e della sua posizione di viaggio anomala, seduta sulle gambe di un altro occupante. La Corte ha ritenuto che l’uso della cintura avrebbe potuto impedire la sua proiezione fuori dall’abitacolo e il conseguente fatale trauma cranico riportato nell’impatto con le strutture esterne al veicolo.
Nonostante la riduzione del 30% per il concorso di colpa della vittima, la Corte d’Appello ha comunque riconosciuto ai genitori il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale, liquidando l’importo sulla base delle tabelle del Tribunale di Roma, diminuito della percentuale di responsabilità attribuita alla defunta.
Segue il riepilogo della sentenza a cura dell’Avv. Vincenzo Liguori:
App. Napoli 12/7/2024 n. 3187 – responsabilità dell’automobilista per il decesso del passeggero – concorso colposo della vittima
I genitori della vittima hanno agito nei confronti del proprietario e della compagnia assicurativa del veicolo su cui la stessa viaggiava quale terza trasportata (un’autovettura Smart omologata per 2 persone).
Il conducente della vettura, giunto ad alta velocità in prossimità di una galleria (in cui era, invece, prescritto il limite di 70 km/h con segnale di curva pericolosa), a causa di una condotta di guida negligente e imprudente, perdeva il controllo della Smart che, dopo aver sbandato, collideva violentemente contro la parete laterale destra della galleria, laddove era presente un segnale stradale, ovvero un delineatore modulare di curva.
L’urto contro la parete e il segnale determinavano, in rapida progressione, la violenta proiezione del capo e del corpo della passeggera contro il vetro anteriore destro, contro il montante destro dell’auto e contro il sostegno metallico del segnale stradale, determinando il decesso sul colpo della trasportata, stante il gravissimo trauma cranio-encefalico e cervico-midollare subito.
Dalle testimonianze raccolte nel corso del processo è emerso che la vittima viaggiasse, nella Smart, seduta sulle gambe di un altro passeggero.
Per effetto dell’urto l’auto si alzava sulla fiancata destra in fase di semi-ribaltamento, cozzando anche contro una freccia di indicazione di delimitazione di curva; il vetro laterale deflagrava e dall’autovettura fuoriusciva la povera passeggera.
Come confermato dal consulente medico incaricato, la vittima subì un grave trauma cranico a causa dell’impatto della testa con il sostegno del segnale stradale, in quanto il suo busto, a seguito dell’urto, venne sbalzato fuori dal finestrino di destra.
Considerato che la vittima viaggiava sulla Smart seduta sulle gambe dell’altro passeggero e considerato altresì che la vittima non indossava la cintura di sicurezza, la Corte di Appello ha stabilito che tale omissione ha avuto una efficienza con-causale sull’evento occorso alla passeggera, atteso che, ove ella avesse indossato la cintura, il suo busto non sarebbe stato sbalzato fuori del finestrino e il capo della stessa non avrebbe violentemente impattato contro il sostegno del segnale stradale.
Tale conclusione emerge dal fatto che:
a) essendo la Smart omologata per due passeggeri, nella stessa non vi erano più di due cinture di sicurezza e, dunque, è certo che la cintura di sicurezza la indossasse l’altro passeggero dell’auto, rimasto infatti incolume;
b) ove la vittima avesse indossato la cintura di sicurezza, il suo busto non sarebbe stato sbalzato fuori dal finestrino, ma sarebbe stato trattenuto dall’effetto frenante proprio della cintura.
Tali elementi hanno condotto la Corte di Appello a concludere che, ferma la prevalente responsabilità del conducente per aver perso il controllo dell’autovettura, alla condotta della vittima sia comunque attribuibile una efficienza con-causale nella sua morte, quantificabile nella misura del 30%.
Da ciò discende che il risarcimento riconosciuto ai genitori ha subito una decurtazione del 30%.
Infatti, il risarcimento del danno non patrimoniale rivendicato iure proprio dai danneggiati (parenti della vittima) subisce chiaramente una decurtazione proporzionale al concorso di colpa riconosciuto in capo alla vittima stessa.
Ciononostante, è stato riconosciuto e liquidato il danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale sulla scorta delle vigenti tabelle di liquidazione del Tribunale di Roma per la morte della congiunta, poi ridotto del 30% per il concorso colposo della defunta in ordine all’an debeatur.