ASL condannata a maxi-risarcimento per trasfusione di sangue infetto che ha compromesso le chance di guarigione di una paziente
Il Tribunale di Roma ha riconosciuto la responsabilità di un’Azienda Sanitaria Locale (ASL) in un caso di trasfusione di sangue infetto, condannandola a un risarcimento di oltre 673.000 euro in favore di una paziente. La decisione si basa sul mancato assolvimento da parte della struttura ospedaliera dell’obbligo di documentare la regolare provenienza del sangue utilizzato per la trasfusione.
Il Tribunale ha ritenuto che l’assenza di tale documentazione costituisse una prova a carico dell’ASL, evidenziando una carenza nella diligenza necessaria a prevenire il rischio di infezioni trasfusionali. Di conseguenza, l’ASL è stata ritenuta responsabile sia per il danno iatrogeno causato alla paziente (epatite cronica HCV correlata) a seguito della trasfusione, sia per averle precluso la possibilità di accedere a un trapianto di midollo osseo, trattamento che avrebbe offerto migliori prospettive di guarigione per la sua preesistente leucemia mieloide. La sentenza riconosce quindi il danno biologico differenziale e la conseguente perdita di chance di una guarigione più efficace.
Segue il riepilogo della sentenza a cura dell’Avv. Vincenzo Liguori:
Trib. Roma 2/5/2019 n. 9134: responsabilità dell’ASL per trasfusione di sangue infetto.
Il Tribunale accoglie le tesi della paziente trasfusa e ritiene che:
– l’ASL è tenuta a documentare la regolare provenienza del sangue adoperato per le trasfusioni di sangue;
– l’assenza della relativa documentazione costituisce argomento di prova a supporto delle tesi della paziente per il mancato assolvimento da parte del Presidio ospedaliero della diligenza indispensabile a prevenire il rischio del propagarsi di infezioni da trasfusione;
– è irrilevante la mancata attribuzione da parte del CTU di qualsivoglia responsabilità a carico del personale del Presidio ospedaliero in quanto tale parere non manda esente la struttura dal non aver saputo dimostrare la provenienza delle sacche, la loro verifica e la loro sterilità;
– l’ASL, pertanto, è responsabile:
a. del danno iatrogeno cagionato alla paziente (epatite cronica HCV correlata) a seguito della trasfusione di sangue ed emoderivati;
b. dell’impossibilità per la paziente – affetta da leucemia mieloide – di accedere al trapianto di midollo che avrebbe assicurato migliori prospettive di guarigione;
c. della conseguente perdita di chance di una più risoluta guarigione per la patologia da cui era affetta.