A cura dell’Avv. Vincenzo Liguori
Trib. Firenze 3/1/2024 n. 12 – responsabilità del ginecologo per l’errata gestione del parto.
La partoriente veniva ricoverata presso il Dipartimento Materno-Infantile – SOD Complessa di Ostetricia e Ginecologia della struttura sanitaria con diagnosi di “gravidanza gemellare”.
Ivi, la gestante dava alla luce due gemelli di sesso opposto, il primo a seguito di parto naturale e la seconda a seguito di un intervento di taglio cesareo in emergenza.
La piccola neonata, nata per seconda, nasceva con una grave sofferenza da asfissia perinatale cagionata dall’errata conduzione del parto, che determinava fin dalla nascita un’encefalopatia ipossica ischemica poi evoluta in grave paralisi cerebrale irreversibile, con conseguente immediata stabilizzazione delle menomazioni nella misura massima del 99% di I.P, sino al suo decesso.
Nel corso del giudizio è emersa la responsabilità del ginecologo e degli ostetrici presenti al parto per non aver correttamente gestito il parto e per non aver mai informato la partoriente dell’effettiva natura, portata e gravità del trattamento sanitario nonché degli eventuali rischi e/o complicanze e/o delle possibili alternative chirurgiche (parto cesareo fin dall’inizio), di talchè tali omissioni hanno leso il suo diritto di autodeterminarsi liberamente in vista della disposizione della propria salute e di quella di entrambi i feti.
È emerso, inoltre, che l’operatore e l’équipe medica, nel corso del trattamento sanitario:
– non optavano per l’intervento chirurgico di parto cesareo fin dall’inizio per entrambi i gemelli;
– non optavano quantomeno per l’intervento chirurgico di parto cesareo subito dopo la nascita del primo feto (in considerazione sia della diminuzione di scambio uteroplacentare di cui risentiva il secondo feto, sia della posizione obliqua-posteriore assunta da quest’ultimo, che non consentiva un parto vaginale);
– non monitoravano continuamente il secondo feto;
– non eseguivano un esame flussimetrico Doppler (che avrebbe potuto valutare la circolazione fetale ed il funzionamento della placenta);
– non erano in grado di prevenire ed evitare la sofferenza fetale acuta in atto;
– non erano in grado, per un maldestro errore diagnostico, di riconoscere e diagnosticare tempestivamente la sofferenza fetale acuta in atto;
– non si accorgevano, quindi, della sofferenza fetale acuta che si era determinata in capo al secondo feto;
– sottoponevano la gestante, con inescusabile ritardo, ad un tardivo intervento chirurgico di taglio cesareo allorché la grave sofferenza fetale acuta era già in atto ed aveva cagionato danni irreversibili al secondo feto.
È emerso, altresì, che l’operatore e l’équipe medica e chirurgica, inserivano in cartella clinica accertamenti e diagnosi mai effettuate sul secondo feto, manomettendo e falsificando la cartella clinica con l’inserimento di un tracciato relativo ad altro soggetto con cui avevano scambiato i battiti (seppur annotavano colposamente in cartella clinica che il tracciato CTG fosse attribuibile al secondo feto).
Il Tribunale:
– accoglie le tesi della madre danneggiata;
– rigetta le tesi della struttura sanitaria;
– riconosce il danno parentale ed il danno all’autodeterminazione terapeutica della madre, nonché il danno terminale-tanatologico subito dalla neonata in vita (e, cioè, nel corso del breve periodo di sopravvivenza);
– liquida al genitore superstite, sulla scorta delle vigenti tabelle di liquidazione del Tribunale di Milano:
► il danno biologico terminale patìto dalla neonata de cuius durante il periodo di sopravvivenza;
► il danno non patrimoniale per la perdita del congiunto;
► il danno da lesione dell’autodeterminazione della madre-partoriente, personalizzandolo al massimo ed andando ben oltre le previsioni tabellari (liquidazione extra tabellare);
► il danno emergente passato per le spese funeratizie sostenute.