A cura dell’Avv. Vincenzo Liguori
Trib. Napoli 24/4/2024 n. 3926: responsabilità del chirurgo vascolare per imprudente allungamento dell’ischemia cerebrale, mancata prevenzione dell’acidosi metabolica e decesso del paziente.
Il paziente veniva imprudentemente sottoposto, in successione, nella medesima seduta operatoria:
– ad un primo intervento percutaneo di angioplastica carotidea con impianto di stent alla biforcazione dell’arteria Carotide Interna Sinistra;
– ad un secondo intervento di rivascolarizzazione miocardica tramite by-pass Aorto-Coronarico con AMIS (Arteria Mammaria Interna Sinistra) su Arteria Interventricolare Anteriore (IVA) e SVG (Saphenous Vein Grafts) su MO (Ramo Marginale Ottuso).
Tale improvvida scelta terapeutica provocava una serie di eventi avversi che conducevano ineluttabilmente al decesso del paziente.
Nel corso del processo è emerso che entrambi gli interventi, eseguiti in pari data ed in sequenza tra loro, venivano programmati senza il doveroso distanziamento degli atti chirurgici, determinando così un rischioso prolungamento dei tempi d’ischemia dell’encefalo, con conseguente vasocostrizione ed ipoperfusione (lesive del circolo cerebrale e della circolazione coronarica) che hanno a loro volta determinato lo shock cardiogeno irreversibile ed il decesso del paziente.
Invero, alla luce della gravità del quadro vascolare carotideo presentato dal paziente, del riscontro pre-operatorio di una vasculopatia cronica lacunare dell’encefalo, nonché del diverso comportamento dettato dalle Linee Guida e dalle Best-Practices (che suggerivano il trattamento dilazionato dei due tipi di chirurgia vascolare percutanea e coronarica), l’aver sottoposto il paziente ai due interventi in rapida successione ha determinato un danno encefalico con insorgenza, tra l’altro, di acidosi metabolica, non adeguatamente prevenuta né contrastata dai medici in servizio.
Infatti, è emerso altresì che le decisioni terapeutiche prese dai sanitari dopo l’evento ischemico cerebrale (manifestatosi nel post-operatorio), hanno determinato il rapido deterioramento delle funzioni cerebrali superiori e cardiache, fino a condurre all’inevitabile exitus del paziente.
Il Tribunale:
– accoglie le tesi dei familiari del paziente;
– rigetta le tesi della struttura sanitaria;
– riconosce il danno catastrofale (da lucida agonia) subìto dalla vittima nel periodo di ricovero;
– riconosce il danno da lesione dell’autodeterminazione (per la violazione del consenso) subìto dalla vittima nel periodo di ricovero;
– riconosce il danno da perdita del rapporto parentale subìto dalla moglie e dai figli superstiti;
– condanna la struttura sanitaria al risarcimento di tutti i danni subiti;
– liquida agli eredi (moglie e figli):
► il danno terminale subito in vita dal de cuius e trasmesso loro iure hereditatis;
► il danno da lesione del consenso subito in vita dal de cuius e trasmesso loro iure hereditatis;
► il danno da perdita del rapporto parentale (morale ed esistenziale) patìto dai familiari iure proprio per la perdita del congiunto.