Nella mia quotidiana esperienza forense, mi confronto costantemente con le inefficienze di un sistema che dovrebbe garantire giustizia ma spesso la ostacola. Mentre il dibattito pubblico si concentra sulla separazione delle carriere, i cittadini e le imprese affrontano problemi ben più concreti e urgenti. In questo articolo, voglio condividere la mia visione di professionista del diritto su come trasformare davvero il sistema giudiziario italiano, partendo dai bisogni reali e guardando agli esempi virtuosi europei.
Il quadro attuale: una macchina inceppata
La giustizia italiana arranca, con processi tra i più lenti in Europa. Il Rapporto sulla Giustizia nell’Unione Europea 2024, elaborato della Commissione Europea lo conferma evidenziando un ampio scarto rispetto alla media europea. I dati sono piuttosto critici e oggettivi: le cause civili in Italia durano in media 527 giorni, oltre il doppio dei 239 giorni entro i quali si concludono in media i processi civili nell’UE.
Questa inerzia si traduce in stasi e incertezza, con seri impatti economici e sociali per cittadini e imprese. La situazione non migliora in ambito penale. Anche in questo settore, i tempi italiani sono più lunghi e farraginosi rispetto la media europea. Un procedimento penale nel nostro Paese dura in media 361 giorni, mentre 178 sono i giorni, nella media UE, entro cui il processo penale si conclude. La giustizia penale, che dovrebbe assicurare rapidità ed efficacia per garantire certezza della sanzione e tutela delle vittime, manifesta anch’essa notevoli carenze.
Questi tempi esorbitanti non solo mettono a repentaglio la fiducia dei cittadini nell’apparato giudiziario, ma costituiscono anche un ostacolo alla competitività economica nazionale e un impedimento sostanziale alla piena tutela dei diritti fondamentali. La necessità di riforme organiche nel sistema giudiziario risulta sempre più urgente e inderogabile.
Quando la lentezza diventa ingiustizia
Il primo problema riguarda i tempi della giustizia, che oserei definire biblici. I procedimenti civili e penali in Italia sono tra i più lunghi in Europa. La lentezza processuale ha due conseguenze: mina la fiducia nel sistema e produce danni economici.
Sono oltre 3,5 milioni le cause civili bloccate: questo è il dato allarmante diffuso dalle fonti ufficiali del Ministero della Giustizia. L’arretrato giudiziario soffoca il sistema, rendendo l’attesa una vera e propria ingiustizia. Le ricadute economiche di questi ritardi sono effettivi e pesanti:
- capitali fermi
- occasioni mancate per le imprese
- costi extra per le aziende
- spese legali infinite
- incertezza per i privati
In questo scenario, la credibilità delle istituzioni crolla, generando disillusione e sfiducia nello Stato di diritto. Per uscire da questa crisi, l’Italia ha la facoltà di ispirarsi ai modelli virtuosi in Europa: l’Estonia, che rendendo digitali tutti i meccanismi e passaggi giuridici ha tagliato i tempi burocratici, e i Paesi Bassi che hanno puntato sulla specializzazione di tribunali e giudici, alzando gli standard di qualità ed efficienza.
Adottare strategie simili, basate su tecnologia avanzata e maggiore specializzazione, è fondamentale se davvero si vuole conferire ai cittadini una giustizia rapida, funzionale e degna di fiducia.
Numeri che gridano aiuto: l’emergenza del sovraccarico
Secondo problema: il sovraccarico dei tribunali. La mole di arretrati e il carico di lavoro per magistrati e cancellieri rendono il sistema poco efficiente. È necessario investire in risorse umane e tecnologiche. La giustizia italiana è soffocata da un arretrato mastodontico: il Ministero della Giustizia attesta oltre 3,5 milioni di cause civili in attesa, un volume che paralizza il sistema e impedisce di gestire i nuovi procedimenti con ragionevole celerità.
A peggiorare il quadro generale è una drastica carenza di personale: secondo CSM e ANM, mancano circa 1.400 magistrati (il 15% dell’organico) e oltre 5.000 unità di personale amministrativo. È chiaro che senza un adeguato rinforzo delle risorse umane nessuna innovazione potrà avere successo. Tra gli altri esempi virtuosi riscontrabili nell’UE, la Germania si distingue come esempio positivo. Sono stati stanziati ingenti investimenti strutturali nel comparto giudiziario, in modo da assicurare un organico sufficiente di magistrati e collaboratori, condizione essenziale per un’amministrazione della giustizia efficace.
Il paradosso digitale: tecnologia che rallenta anziché accelerare
Altra nota dolente sono proprio le tecnologie: il sistema tecnologico della giustizia è una figura antropomorfa, immaginaria e mitologica, che fa acqua da tutte le parti per i danni prodotti da un’infrastruttura tecnologica inadeguata, che invece di accelerare i procedimenti li blocca. La completa digitalizzazione potrebbe snellire processi e abbattere i tempi biblici di cui sopra.
L’analisi dei disservizi del Processo Civile Telematico (PCT) mostra come gli avvocati possano perdere tra le 2 e le 3 ore a settimana a causa di inefficienze tecnologiche, con costi nascosti che vanno oltre il semplice tempo perso, come ritardi nelle pratiche e maggiori spese operative. Nonostante le criticità del Processo Civile Telematico (PCT) in Italia, il futuro può essere radicalmente diverso. L’esperienza di Paesi come l’Estonia, pioniera con il suo sistema e-Court, e la Francia che ha aderito ad una digitalizzazione giudiziaria completa, rivela il potenziale dell’innovazione tecnologica.
Con il sistema e-Court, l’Estonia ha implementato una piattaforma integrata che gestisce l’intero processo legale, dalla presentazione dei documenti alle udienze online, riducendo drasticamente i tempi e i costi. Questo approccio ha permesso una maggiore trasparenza e accessibilità alla giustizia, rendendola un punto di riferimento globale.
Attraverso l’introduzione di procedure online, la dematerializzazione degli atti e l’implementazione di sistemi di gestione elettronica dei fascicoli, la Francia ha semplificato notevolmente il lavoro di avvocati e magistrati, migliorando l’efficienza complessiva del sistema.
Entrambi i casi dimostrano che, con un investimento strategico e una visione a lungo termine, è possibile trasformare un sistema giudiziario tradizionalmente lento e burocratico in un modello efficiente, trasparente e accessibile a tutti.
Le barriere economiche che blindano la giustizia
Altro problema, ma non ultimo, le barriere di ingresso/accesso alla giustizia per il cittadino. I costi elevati dei procedimenti e la complessità delle normative limitano fortemente l’accesso dei cittadini alla giustizia. Un procedimento civile può costare tra i 3.000 e i 5.000 euro, una cifra insostenibile per molti. Le attuali soglie del gratuito patrocinio (ISEE sotto i 11.746 euro) sono così basse che escludono i cittadini con un reddito medio.
È necessario un cambio di rotta: il Regno Unito, con il suo sistema di legal aid più inclusivo, mostra come sia possibile rendere la giustizia accessibile a tutti, non solo a chi può permettersela. Il Legal Aid del Regno Unito è un sistema di finanziamento pubblico cruciale per garantire che chi non può permettersi un avvocato abbia comunque accesso alla giustizia. Gestito dalla Legal Aid Agency (LAA), copre una vasta gamma di questioni legali, sia civili (come protezione da abusi, problemi abitativi, diritti dei minori, discriminazione) che penali(consulenza in questura, rappresentanza in tribunale). L’ammissibilità si basa su due criteri:
- il merito del caso (deve rientrare in specifiche categorie coperte)
- un test finanziario basato su reddito e risparmi. Se ammessi, a volte si può comunque essere chiamati a contribuire ai costi o a rimborsare le spese in caso di vittoria. La richiesta viene solitamente presentata dall’avvocato.
La riforma che serve davvero: specializzazione prima di separazione
Più che parlare di separazione delle carriere tra Giudicanti e PM, la separazione andrebbe fatta tra civile e penale: troppi magistrati con alle spalle anni di militanza nel penale vanno a “fare danni” nel civile, non sapendo come interpretare una polizza assicurativa, qual è il confine tra infortunio e malattia, la differenza tra danno morale e personalizzazione del danno non patrimoniale, o non sapendo come si regolano gli oneri probatori in ambito di responsabilità contrattuale.
La carenza di competenza specifica è particolarmente evidente nei casi di risarcimento danni, dove la materia è intricata e richiede conoscenze approfondite del diritto civile, delle normative assicurative e della medicina legale. Questo non solo rallenta i processi, ma genera anche un clima di incertezza giuridica generale.
Di fronte a queste sfide, i modelli europei di specializzazione offrono soluzioni concrete. La Francia con i suoi tribunali specializzati (come quelli commerciali o sociali) dimostra come sia possibile ottenere maggiore competenza e rapidità. Analogamente, in Germania, i magistrati di settore si dedicano in modo esclusivo a specifiche materie, diventando figure di riferimento e arricchendo il sistema con la loro profonda esperienza.
Trasferire queste pratiche in Italia significherebbe non solo un notevole progresso in termini di efficienza e accuratezza del sistema giudiziario, ma anche la fine di una prassi inefficiente che costringe i magistrati a operare in ambiti senza la dovuta preparazione.
Verso un sistema che funziona: proposte concrete per il cambiamento
Quindi, così come è importante che i cittadini possano contare su medici o avvocati specializzati solo in alcune branche della loro professione, è giusto anche che lo Stato garantisca Magistrati specializzati solo in alcune materie, vista l’incontinenza normativa e giurisprudenziale che viene prodotta ogni anno dal Legislatore e dagli Uffici Giudiziari, a cui è già complicato stare dietro.
Questa strategia è cruciale per arginare l’enorme produzione di leggi e sentenze, rendendo il sistema più efficiente e accessibile.
Per farcela, servono riforme coraggiose. Ecco le 4 priorità:
- Specializzazione dei magistrati: distinguere le competenze (civile/penale) per migliorare qualità e rapidità.
- Investimenti in persone e tecnologia: più personale qualificato e strumenti all’avanguardia per snellire i processi.
- Digitalizzazione vera: addio carta, benvenuta giustizia online, intuitiva e trasparente.
- Meno costi per la giustizia: abbattere le barriere economiche per un accesso universale.
Queste proposte non sono mere speculazioni, ma trovano fondamento in modelli di successo già attuati in diversi Paesi europei. Replicare tali “best practice” può accelerare in modo significativo il processo di modernizzazione del nostro sistema.
Modelli europei di successo da emulare:
- Estonia: un CCT pioniere nella giustizia completamente digitale, offre un esempio tangibile di efficienza e trasparenza nei processi online.
- Paesi Bassi: con l’adozione di corti specializzate per materia, hanno dimostrato come tale approccio possa migliorare significativamente la competenza e la rapidità delle decisioni.
- Germania: ha effettuato investimenti strutturali e consistenti nel personale giudiziario, garantendo un’adeguata dotazione di magistrati e collaboratori, a beneficio diretto della qualità del servizio.
- Francia: ha implementato con successo un sistema misto pubblico-privato per la risoluzione delle controversie, offrendo valide alternative alla via giudiziaria tradizionale e contribuendo a ridurre il carico sui tribunali.
L’adozione di queste riforme, unitamente a un’attenta analisi e replica dei modelli europei, consentirebbe all’Italia di costruire un sistema giudiziario non solo più efficiente e specializzato, ma anche più accessibile, a beneficio di cittadini e imprese.
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