Guida completa ai danni risarcibili: patrimoniali e non

Quando si subisce un grave danno, la tendenza naturale è concentrarsi sugli aspetti più evidenti: le spese mediche, i giorni di lavoro persi, i costi immediati. Ma il diritto al risarcimento è molto più ampio e articolato. Comprendere la distinzione tra danni patrimoniali e non patrimoniali è fondamentale per valutare correttamente l’entità dei propri diritti, soprattutto nei casi più gravi. In quest’articolo, vi fornirò strumenti validi ed efficaci per comprendere come si classificano i danni risarcibili dal punto di vista giuridico. 

La classificazione fondamentale dei danni

Il principio del nesso di causalità

Per avere diritto a un risarcimento, bisogna dimostrare che tra i danni subiti e l’evento lesivo sussista un nesso di causalità: i danni o le perdite sono causati direttamente da un fatto che qualcun altro ha provocato. Per esempio, se un medico rilascia una diagnosi erronea e questo fa peggiorare le condizioni di salute di una persona, fino al suo decesso, sussiste un collegamento diretto tra l’errore del medico e la morte del paziente. In questo caso, i familiari della persona deceduta possono chiedere al medico un risarcimento in tribunale. L’art. 1223 del Codice Civile prevede che il risarcimento richiesto copra sia le perdite immediate (il danno emergente) sia il mancato guadagno (il lucro cessante, come il sostegno economico che la vittima avrebbe dato alla famiglia). Un esempio chiarirà meglio la situazione: se un padre di famiglia muore a causa di un errore medico, la sua famiglia può chiedere un risarcimento per i soldi che avrebbe potuto guadagnare e per il sostegno che non riceveranno più. 

A carico della vittima sussiste una responsabilità determinante ai fini del risarcimento: l’onere della prova. Spetta, infatti, a chi subisce il danno dimostrarne sia l’entità sia il nesso causale rispetto all’evento cagionato da terzi. 

Le due categorie principali: danni patrimoniali e non

Sul piano economico e materiale, i danni si distinguono in patrimoniali e non patrimoniali. 

  • I primi riguardano le perdite e i danni che si possono materialmente calcolare, quantificare. Basti pensare ai danni riportati da un’auto in seguito ad un incidente provocato da terzi. 
  • I danni non patrimoniali riguardano gli interessi personali e non economici, come il dolore, la sofferenza o la perdita della qualità della vita. Lo shock causato da un incidente è, ad esempio, un danno non patrimoniale.

In tema di risarcimento del danno, vigono due principi:

  • il principio di integrità, per cui il risarcimento deve coprire tutti i danni subiti, sia patrimoniali che non patrimoniali. Questo principio si basa sulla priorità di ripristinare la situazione del danneggiato prima dell’evento, per cui risulta fondamentale il risarcimento integrale di tutti i danni subiti. 
  • il principio di non duplicazione, per cui la vittima non può essere risarcita due volte per il medesimo danno. 

Danni patrimoniali – le perdite economiche concrete

Danno emergente: la diminuzione immediata del patrimonio

Il danno emergente consiste in una perdita economica immediata e diretta: rappresenta la riduzione calcolabile e quantificabile del patrimonio, che si verifica subito dopo l’evento lesivo. In rapporto al danno patrimoniale, segnalo due importanti aspetti: 

  • Facilmente quantificabile: il danno può essere misurato in termini economici netti e definiti.
  • Già verificatosi: le perdite sono già avvenute e certificate, non sono né future né potenziali.  

I danni patrimoniali sono di differente tipologia ed entità, a seconda degli ambiti in cui si è verificato l’evento lesivo.

  • Malasanità: spese mediche, costi di farmaci, cure e terapie, percorsi di riabilitazione e ausili necessari.
  • Incidenti stradali: costi di riparazione del veicolo, cure mediche, spese di trasporto.
  • Infortuni sul lavoro: spese sanitarie, adeguamenti dell’abitazione per adattarla alle nuove esigenze.

Il danno emergente può essere documentato attraverso ricevute, fatture e altri documenti fiscali che attestano le spese effettivamente sostenute. La documentazione fornita agevolerà il calcolo del risarcimento da corrispondere. La nostra esperienza in questi casi mostra che anche le spese giudiziali e stragiudiziali, sostenute per dimostrare un danno pregresso, rappresentano un danno patrimoniale. Infatti, esse corrispondono ad un’effettiva riduzione del proprio patrimonio, sacrificato ai fini del giudizio. Ne è un esempio il caso di un lavoratore che ha perso la vita cadendo da un’impalcatura. In fase di giudizio il Tribunale ha ritenuto che ai famigliari fossero risarcite anche le spese stragiudiziali già sostenute e accertate, considerando perciò insufficienti le somme già precedentemente corrisposte a titolo di provvisionale.

Lucro cessante: il mancato guadagno ottenuto 

Il lucro cessante corrisponde al danno patrimoniale che deriva dal mancato guadagno futuro a causa di un evento lesivo. In termini concreti, si sostanzia nel profitto che si sarebbe potuto ottenere se l’evento dannoso non fosse avvenuto. Ne segnalo due importanti aspetti:

  • Certezza del mancato guadagno: per dimostrare il lucro cessante, non basta una semplice possibilità o probabilità. Deve sussistere la certezza di quanto si sarebbe guadagnato. 
  • Valutazione equitativa: la quantificazione del danno deve essere fatta con un apprezzamento equo e ponderato, come previsto dall’art. 2056 del Codice Civile. 

Il lucro cessante è di differente tipologia ed entità, a seconda delle figure che ha leso. Prendiamo ad esempio i diversi ruoli nei rapporti di lavoro: 

  • Professionista: perdita di clientela e di fatturato prevista per il periodo di inattività o ridotta attività.
  • Lavoratore dipendente: giorni di assenza e riduzione della capacità lavorativa che comportano un mancato guadagno.
  • Imprenditore: sospensione o blocco dell’attività commerciale che avrebbe generato ricavi.

Nella nostra esperienza abbiamo seguito il caso di una vittima di incidente stradale, che ha riportato da esso un’invalidità del 91%. Da una percentuale di inabilità così alta derivano limitazioni e complicazioni in ambito lavorativo e, di conseguenza, mancati guadagni futuri. La Corte d’Appello ha tenuto conto delle future difficoltà finanziarie e professionali che si prospettano per la vittima, aumentando in funzione di ciò il relativo risarcimento.

Danni non patrimoniali – il valore della sofferenza

Quando si ha diritto al risarcimento?

Il danno non patrimoniale riguarda la sofferenza, il dolore e le altre conseguenze morali derivanti da un evento lesivo. Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione nel 2008 hanno stabilito che questa categoria di danni afferisce a interessi costituzionalmente garantiti e che, per quanto unitaria, non è omogenea. Infatti comprende tipologie di danno differenti l’una dall’altra, che devono essere valutate singolarmente. Secondo la visione della giurisprudenza i danni devono essere valutati comunque nella loro più ampia accezione.

L’orientamento della giurisprudenza è di rendere il diritto al risarcimento dei danni non patrimoniali sempre più tipico. Ne è una riprova l’art. 2059 del Codice Civile, secondo cui il risarcimento è dovuto “nei casi determinati dalla legge”. La legge italiana riconosce espressamente, infatti, il diritto al risarcimento per alcuni tipi di danno non patrimoniale, come quello biologico. 

Per ottenere il risarcimento del danno biologico, devono essere verificati due elementi:

  • Gravità della lesione rispetto alla salute e alla vita quotidiana;
  • Serietà del danno: l’incidenza sulla sfera morale e psicofisica della persona.

Danno biologico: l’integrità psicofisica compromessa

Il danno biologico si sostanzia nella compromissione dell’integrità psicofisica della persona, in seguito ad una lesione temporanea o permanente. La sua valutazione si basa su accertamenti medico-legali attraverso perizie specialistiche.

L’invalidità conseguente al danno biologico può essere:

  • Temporanea: quando la condizione di menomazione è transitoria;
  • Permanente: quando la menomazione ha effetti duraturi, permanenti e persistenti. 

Nella nostra casistica, i danni permanenti afferiscono ad una specifica causa, che in passato abbiamo seguito presso il Tribunale di Napoli: per la negligenza di un ginecologo, che aveva omesso la profilassi e gli accertamenti necessari in vista del parto, il nascituro riportò una grave invalidità permanente. Il Tribunale ha quindi condannato il ginecologo e la struttura sanitaria a risarcire il neonato, i genitori e i fratelli con oltre 3,8 milioni di euro, riconoscendo i danni non patrimoniali, il mancato guadagno futuro e le spese mediche.

Per quantificare il danno biologico vengono utilizzate tabelle di riferimento adottate a livello locale (Milano, Roma) o nazionale, che forniscono parametri standardizzati per la valutazione.

Dal danno biologico possono derivare: 

  • Lesioni lievi: cicatrici superficiali, limitazioni funzionali parziali;
  • Lesioni gravi: amputazioni, paralisi, perdita di organi;
  • Lesioni gravissime: stato vegetativo, tetraplegia.

Danno morale: la sofferenza interiore 

Il danno morale coincide con la perturbazione dell’animo, quindi la sofferenza psichica causata da un evento lesivo. Si manifesta attraverso componenti come angoscia, depressione e ansia. Infatti, può essere comprovato da elementi evidenti ed oggettivi: l’evento traumatico è altresì manifesto.

Il danno morale può essere: 

  • Acuto (immediato); 
  • Cronico (prolungato nel tempo).

A seconda dell’ambito, il danno morale si manifesta con modalità e conseguenze differenti.

  • Malasanità: trauma derivante da diagnosi errate, perdita di fiducia nella medicina; 
  • Incidenti gravi: disturbi post-traumatici, fobie sviluppate;
  • Infortuni: depressione da invalidità, perdita di autostima.

Per valutare al meglio la tua vicenda, considera che ogni danno è meritevole di personalizzazione perché da uno stesso evento lesivo le conseguenze che ne derivano sono differenti di persona in persona. Possiamo menzionare il caso della Corte d’Appello di Napoli, che nel 2023 ha riconosciuto la responsabilità di un ginecologo per aver gestito in modo errato un parto con distocia di spalla, causando a una neonata una paralisi brachiale all’arto superiore destro e un danno biologico del 50%. Nel determinare il quantum del risarcimento, la Corte ha personalizzato al massimo il danno sia per la bambina, che sarà limitata nel suo futuro a livello lavorativo, personale e relazionale, sia per i famigliari che le prestano assistenza.

Danno esistenziale: la vita che cambia

Il danno esistenziale rappresenta una delle conseguenze più profonde e dolorose di un evento avverso: si tratta dell’alterazione delle abitudini e delle dinamiche relazionali che caratterizzano la vita di una persona
Vari sono gli ambiti in cui si manifestano le ripercussioni del danno esistenziale: 

  • Perdita dell’autonomia nelle attività quotidiane;
  • Compromissione della vita sociale e affettiva;
  • Rinuncia a hobby, sport, passioni;
  • Modifiche nel ruolo familiare e sociale.

Il danno esistenziale viene valutato in base all’impatto concreto sulla qualità della vita di chi ne è leso. Ogni situazione richiede una personalizzazione accurata, perché le conseguenze possono variare molto da persona a persona. Per esempio, un musicista che subisce lesioni alle mani può perdere la sua identità professionale e i guadagni futuri legali alla sua professione. Un atleta con invalidità, invece, dovrebbe rinunciare alla carriera sportiva e alle passioni che lo animavano.

A tal riguardo, abbiamo seguito la vicenda di una lesione molto grave ai danni di una neo-madre, che portava avanti una gravidanza non desiderata. La donna si era recata in ospedale per sottoporsi a un aborto, ma a causa di imperizia, i medici non si sono accorti che l’intervento non era stato completato correttamente. Di conseguenza, ha proseguito una gravidanza non desiderata e, solo al momento del parto, sono state diagnosticate gravissime malformazioni fetali, che hanno portato alla morte della neonata dopo circa sei mesi. Il Tribunale di Torre Annunziata ha riconosciuto la responsabilità della struttura sanitaria e l’ha condannata al risarcimento di tutti i danni subiti dalla madre. In particolare, è stato riconosciuto un danno alla sua autodeterminazione, cioè alla possibilità di decidere liberamente sulla propria vita e sulla propria gravidanza.

Metodologie di calcolo e quantificazione

Strumenti di valutazione standardizzati

Per calcolare in maniera corretta l’entità dei danni, nel nostro sistema giuridico si ricorre a strumenti di valutazione standardizzati: le tabelle dei principali tribunali italiani, come quelle del Tribunale di Milano oppure Roma. Queste tabelle forniscono un parametro di riferimento a livello nazionale. Ma esiste anche un sistema di riferimento “a punto variabile”, che si coniuga con i parametri precedenti. Infatti, il valore del danno viene calcolato sulla base delle tabelle di riferimento, ma a sua volta aumenta o diminuisce in base all’entità della lesione e a molteplici fattori presi in considerazione. Uno stesso danno può avere, infatti, ripercussioni – e quindi entità- differenti in base alla storia personale di ciascuna persona. Per rendere il calcolo più preciso e personalizzato, si considerano anche fattori quali: 

  • l’età, 
  • la professione 
  • le circostanze specifiche del caso.

Questo permette di adattare la valutazione del danno alle particolarità di ogni situazione.

Il processo di liquidazione equitativa

Quando non è possibile quantificare con precisione il danno o la perdita, si fa riferimento all’art. 1226 del Codice Civile, relativo al processo di liquidazione equitativa. In questi casi, il giudice: 

  • consulta la giurisprudenza precedente e la disciplina di casi simili a quello valutato;
  • adotta criteri standard di valutazione equitativa, per determinare l’entità del danno e l’importo del risarcimento, quali:
  1. adeguatezza 
  2. proporzionalità 
  3. ragionevolezza

Molto importante risulta il principio di uniformità: la valutazione del giudice si adegua alla disciplina di casi simili, affinché nell’ordinamento non vi siano disparità e discriminazioni tra un cittadino e l’altro, nel rispetto dell’articolo 3 della nostra Costituzione.

In rapporto a tali valutazioni, l’onere della prova a carico della vittima è quanto mai determinante. Il soggetto che reclama il danno ha la responsabilità di fornire prove dettagliate e concrete, che attestino le conseguenze specifiche e individuali, affinché il giudice valuti correttamente la richiesta e applichi una liquidazione equitativa.

Aspetti processuali e pratici

Documentazione essenziale

Ai fini dell’onere della prova, sarà opportuno e determinante presentare la seguente documentazione:

  • Certificati medici, che comprendono diagnosi, prognosi e invalidità residua;
  • Documentazione finanziaria, inclusiva di redditi, fatturazioni e contratti di lavoro, per attestare l’impatto economico del danno;
  • Prove del danno, con referti clinici, testimonianze e perizie di parte sono essenziali per dimostrare l’effettivo danno subito. 

È fondamentale conservare originali e copie di tutta la documentazione, archiviandola in ordine cronologico per agevolarne l’accesso e la consultazione.

Errori comuni da evitare

Per una valutazione corretta del tuo caso, dell’entità del danno e del risarcimento complessivo che ti spetta, sono vari gli errori che devi evitare di commettere e che possono inficiare il tuo iter in sede giudiziale:

  • Non sottovalutare gli effetti a lungo termine: è bene concentrarsi sulle conseguenze immediate e considerare contestualmente gli impatti futuri
  • Non accettare offerte premature: chiudere il caso con fretta e rapidità non sempre è l’esito che ti rende più giustizia
  • Affidati ad avvocati dalla comprovata esperienza nel settore, competenti e specializzati
  • Non far decadere i termini di prescrizione, che variano di caso in caso, ma agisci in giudizio tempestivamente.

Domande chiave per valutare il proprio caso

Chi è il responsabile del danno che ho subito? (ospedale, medico, conducente, datore di lavoro)

Ho documentato tutte le spese sostenute e i guadagni persi? (cure, farmaci, giorni di lavoro, ecc.)

Un medico ha valutato se ho invalidità permanenti? (percentuale di invalidità residua)

Come è cambiata la mia vita quotidiana dopo l’evento? (attività che non puoi più fare, limitazioni)

Ho ancora tempo per richiedere il risarcimento? (termini di prescrizione diversi secondo il tipo di caso)

Ho raccolto tutti i documenti medici necessari? (referti, cartelle cliniche, visite specialistiche)

Quando rivolgersi a un professionista specializzato?

  • Eventi mortali o gravi invalidità permanenti;
  • Danni patrimoniali significativi;
  • Responsabilità multiple o complesse;
  • Contestazioni sulla dinamica o sul nesso causale;
  • Offerte assicurative che sembrano inadeguate.

Vuoi sapere esattamente a che tipo di risarcimento hai diritto? Contattaci per una valutazione personalizzata del tuo caso.

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