2/1/2023: Danno da emotrasfusione e decorrenza della prescrizione: articolo dell’avv. Vincenzo Liguori
DANNO DA EMOTRASFUSIONE E DECORRENZA DELLA PRESCRIZIONE
A cura dell’avv. Vincenzo Liguori.
Il principio di diritto.
La recente decisione della Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 26 aprile 2022, n. 12966, conferma il consolidato orientamento secondo cui, in tema di risarcimento danni da emotrasfusioni, la decorrenza della prescrizione per gli effetti di cui all’art. 2935 c.c. coincide con il momento in cui l’emotrasfuso ha avuto la consapevolezza e/o l’effettiva conoscenza della natura dell’infezione e della sua correlabilità alla trasfusione oppure nel momento in cui ha avuto a disposizione elementi che gli avrebbero consentito, con l’ordinaria diligenza, di individuare la possibile origine della patologia.
I fatti di causa.
Il Tribunale di Bologna accertava la responsabilità della Regione Emilia Romagna e, per l’effetto, la condannava al risarcimento dei danni subìti da un uomo che assumeva di aver contratto il virus da HCV in seguito ad una trasfusione di sangue a cui era stato sottoposto nel 1981, in occasione di un suo ricovero presso il Policlinico. Avverso tale sentenza venivano proposti appelli principali ed incidentali innanzi alla Corte di Appello di Bologna la quale, una volta riuniti gli stessi, rigettava la domanda di risarcimento dell’uomo e compensava tra tutte le parti le spese dei due gradi. La Corte di Appello, in particolare:
• rilevava che se è vero che la presentazione della domanda di indennizzo di cui alla L. 210/92 rappresenta il termine ultimo dal quale far decorrere la prescrizione del diritto al risarcimento dei danni ex artt. 2935 e 2947, comma 1, c.c. in quanto indica la consapevolezza da parte del malato e/o dei suoi familiari dell’esistenza sia della patologia che del suo nesso di causa con la trasfusione ricevuta, è anche vero che ciò non esclude che il giudice possa collocare l’effettiva conoscenza del nesso eziologico in un momento precedente in considerazione sia delle informazioni in possesso del danneggiato che della diffusione delle conoscenze scientifiche;
• evidenziava che seppur non ancora singolarmente individuata rispetto alle già accertate epatite A ed epatite B, la diagnosi rilasciata al paziente nel 1983 non lasciava dubbi in ordine al fatto che la patologia era grave e poteva, come le atre due epatiti già accertate, essere conseguenza della trasfusione di sangue ricevuta;
• riteneva che l’assenza di documentazione relativa ad accertamenti clinici fino al 1997 rappresentava una vera e propria omissione da parte del paziente che se avesse usato l’ordinaria diligenza e si fosse sottoposto a regolari controlli medici e ad esami diagnostici avrebbe potuto tenere sotto controllo l’evoluzione della patologia ed accertare già nel 1989, anno in cui divenne disponibile il test per individuare il virus dell’HCV, il nesso di causa tra la patologia e la trasfusione ricevuta;
• dichiarava, pertanto, la prescrizione del diritto in quanto il primo atto interruttivo risaliva all’anno 2002 allorchè era già maturata la prescrizione decennale contrattuale e, ancor di più, quella quinquennale extracontrattuale.
Avverso tale sentenza il paziente danneggiato proponeva ricorso in Cassazione affidandolo ad un unico motivo inerente la violazione o falsa applicazione dell’art. 2935 c.c. in relazione all’individuazione del criterio interpretativo in base al quale determinare il dies a quo del termine di prescrizione della domanda di risarcimento richiamando il principio secondo cui in caso di danno da emotrasfusione il termine di prescrizione decorre dal momento in cui la malattia venga percepita o possa essere percepita usando l’ordinaria diligenza e tenendo conto della diffusione delle conoscenze scientifiche. Resistono con controricorso il Ministero della Giustizia, la S.p.A. Generali Italia e la Regione Emilia Romagna con ricorso incidentale.
Ragioni della decisione della Suprema Corte di Cassazione.
La Suprema Corte, richiamando un suo consolidato orientamento – secondo il quale la presentazione della domanda di indennizzo di cui alla L. 210/92 rappresenta il limite ultimo della decorrenza del termine di prescrizione del diritto al risarcimento ex artt. 2935 e 2947, comma 1, c.c. ma non esclude che il giudice di merito possa individuare in un momento antecedente l’avvenuta consapevolezza del nesso eziologico tra l’avvenuta trasfusione e la malattia sulla base di un fatto adeguatamente motivato (Cass. n. 27757/2017) – ha accolto l’unico motivo di ricorso in quanto la Corte di merito ha ragionato in termini possibilistici, rimanendo sempre nel campo delle mere congetture, senza indicare quali erano le informazioni in possesso del paziente che gli avrebbero consentito di accertare prima il nesso di causa tra la malattia e l’emotrasfusione.
Invero, la stessa Corte, soffermandosi sul comportamento omissivo che avrebbe tenuto il paziente per non essersi sottoposto regolarmente ai necessari controlli, ha perso di vista quello che era l’oggetto dell’indagine dell’appello, ovvero l’accertamento del momento in cui il paziente aveva avuto la consapevolezza, o quanto meno, l’effettiva conoscibilità, del nesso eziologico tra la malattia e l’emotrasfusione.
La Suprema Corte, in particolare, ha ribadito che se è vero che il Giudice di merito può far ricorso alle presunzioni semplici è anche vero che il fatto noto dal quale risalire a quello ignoto deve consistere in una circostanza obiettivamente certa e non in una mera ipotesi o congettura, pena la violazione del divieto di far ricorso alle “praesumptiones de praesumpto” (Cass. n. 17421/2019).
Ne consegue, quindi, che incorre “in un errore di sussunzione e, dunque, nella falsa applicazione dell’art. 2935 c.c., il giudice di merito che, ai fini della determinazione della decorrenza del termine di prescrizione, ritenga tale conoscenza conseguita o, comunque, conseguibile da parte del paziente, pur in difetto di informazioni idonee a consentirgli di collegare causalmente la propria patologia alla trasfusione” (Cass. n. 13745/2018; Cass. n. 24164/2019).
La Suprema Corte, alla luce di quanto sopra esposto, ribadisce che ciò che rileva ai fini della decorrenza della prescrizione del diritto al risarcimento dei danni è il momento in cui l’emotrasfuso ha avuto la consapevolezza della natura dell’infezione e della correlabilità alla trasfusione o, comunque, ha avuto a disposizione elementi che gli avrebbero consentito, con l’ordinaria diligenza, di individuare la possibile origine patologica, mentre sono del tutto irrilevanti, a tal fine, le circostanze e le valutazioni attinenti a condotte che, in via del tutto ipotetica, avrebbero consentito di acquisire in anticipo la conoscibilità della natura della malattia e della sua possibile origine.