Responsabilità medica e sanitaria: paziente sottoposta ad intervento di rimozione di un’ernia ombelicale e deceduta per collasso cardiocircolatorio.
La Suprema Corte di Cassazione, respingendo i motivi di ricorso principale del chirurgo:
– ha confermato la sua colpa per aver eseguito l’intervento: A. nonostante le condizioni cliniche della paziente non solo lo sconsigliassero ma lo rendessero altamente rischioso; B. presso struttura sanitaria non dotata di reparto di rianimazione, necessario per i rischi di quell’intervento;
– ha affermato che chirurgo ed anestesista, pur avendo competenze distinte, operano congiuntamente e ciascuno con la propria condotta concorre alla realizzazione del risultato sperato; pertanto, ciascuno di essi deve verificare la condotta dell’altro, nei limiti in cui ciò sia concretamente esigibile in virtù delle sue competenze, ex art. 1176, 2° comma, c.c..
La Suprema Corte di Cassazione, respingendo i motivi di ricorso incidentale dell’impresa di assicurazione del chirurgo, ha affermato che è sempre onere dell’assicuratore provare l’esistenza e l’ammontare del massimale, con la conseguenza che la mancata dimostrazione della misura del massimale nuoce all’assicuratore, e non all’assicurato, e non è ostativa all’accoglimento della domanda di garanzia da questi proposta a prescindere da qualsiasi limite di massimale.
La Suprema Corte di Cassazione, accogliendo il motivo di ricorso incidentale dei congiunti della vittima primaria per non aver liquidato il danno da ritardo e, cioè, il lucro cessante per il ritardato adempimento dell’obbligazione risarcitoria, ha affermato che la rivalutazione monetaria, accordata in sentenza, è cosa diversa dal ristoro dai pregiudizi patiti dal creditore per il danno da mora, funzione, quest’ultima, svolta dai c.detti interessi compensativi che ristorano il creditore del lucro finanziario che avrebbe potuto realizzare se, in caso di tempestivo adempimento, avesse potuto disporre della somma dovutagli ed avesse potuto di conseguenza investirla.