Risarcimento di € 191.276,86 – morte endouterina del feto – lesioni mortali al concepito/nascituro – morte per errore medico.
A cura dell’Avv. Vincenzo Liguori
Trib. Pescara 20/3/2024 n. 460 – responsabilità del ginecologo per l’errata gestione del parto.
La partoriente, giunta quasi alla 39^ settimana di gravidanza, veniva ricoverata presso il reparto di Ostetricia e Ginecologia della struttura sanitaria con diagnosi di “travaglio di parto in primigravida a termine, diabete gestazionale” per ottenere l’assistenza sanitaria al parto, portando seco la documentazione clinica pregressa che evidenziava diabete gestazionale e scarso accrescimento del feto.
Ivi, la gestante veniva sottoposta ad un primo monitoraggio cardiotocografico (CTG) che evidenziava scarse accelerazioni e presenza di decelerazioni, di cui 2 variabili atipiche in un arco di tempo di 20 minuti.
La partoriente, dunque, una volta ricoverata in sala parto, chiedeva di essere immediatamente sottoposta a parto cesareo elettivo, soprattutto in considerazione dell’esito preoccupante del tracciato CTG.
I medici, tuttavia, non accoglievano la richiesta della gestante, perdendo tempo prezioso tramite l’auscultazione intermittente del battito fetale, eseguendo un secondo e poi un terzo monitoraggio CTG ad intermittenza (i quali presentavano, tra l’altro, un peggioramento rispetto ai risultati precedenti, evidenziando tachicardia fetale lieve, assenza di variabilità, assenza di accelerazioni, presenza di decelerazioni uniformi tardive e variabili atipiche, ovvero tutti segni di sofferenza fetale in atto) fino a che non emergeva, in serata, l’improvvisa assenza di battito cardiaco del feto (per “arresto improvviso dell’attività cardiaca fetale”).
Dunque, poco prima della mezzanotte, la paziente veniva tardivamente sottoposta ad intervento di taglio cesareo, a seguito del quale, però, veniva estratto un feto oramai deceduto.
Nel corso del giudizio è emersa la responsabilità del ginecologo e degli ostetrici presenti al parto per non aver correttamente gestito il parto in quanto, in tutti e tre i tracciati, erano evincibili delle caratteristiche non rassicuranti delle condizioni fetali ed in questi casi il comportamento dei sanitari avrebbe dovuto essere rivolto alla risoluzione delle condizioni determinanti la sofferenza fetale, oltre che alla maggiore osservazione dell’evoluzione delle condizioni del feto, mantenendo una doverosa registrazione CTG in continua.
Nel corso del giudizio è emerso infatti che una costante monitorizzazione fetale ed un più accurato management del caso clinico avrebbero consentito di evitare l’esito infausto per il piccolo nascituro.
Nel caso in esame, infatti, con tracciati non rassicuranti in una paziente a rischio (per il diabete e per la riduzione della crescita fetale presentati già al momento del ricovero), l’aver interrotto il monitoraggio cardiotocografico per passare all’auscultazione intermittente si è rivelata una scelta non adeguata.
L’auscultazione intermittente praticata dai sanitari (senza peraltro alcuna registrazione su carta) non ha consentito di valutare le condizioni fetali quali la variabilità, la frequenza di base, la presenza di decelerazioni o accelerazioni, come invece solitamente avviene con il tracciato cardiotocografico.
D’altra parte, il persistere delle condizioni non rassicuranti del CTG doveva indurre i medici, già dopo il secondo tracciato, ad un’immediata estrazione del feto con taglio cesareo, eventualmente dopo avere tentato di correggere, se ed ove possibile, le condizioni inducenti le condizioni non rassicuranti.
Questo diverso approccio avrebbe evitato molto probabilmente il decesso endouterino del feto.
Il Tribunale:
– accoglie le tesi della madre danneggiata;
– rigetta le tesi della struttura sanitaria e delle imprese di assicurazione;
– riconosce, alla madre del feto deceduto, il danno da perdita della relazione affettiva potenziale con il proprio concepito/nascituro ed il danno non patrimoniale da invalidità temporanea;
– utilizza, quale parametro per la valutazione equitativa del danno in questione, i criteri tabellari elaborati dal Tribunale di Milano per il danno da perdita del rapporto parentale;
– liquida alla madre superstite:
► il danno non patrimoniale per la perdita del feto/nascituro;
► il danno non patrimoniale (biologico e morale) da invalidità temporanea;
► il danno emergente passato per le spese funeratizie sostenute.
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Risarcimento di € 446.817,55 – morte per errore medico – parto gemellare – lesioni mortali al figlio neonato.
A cura dell’Avv. Vincenzo Liguori
Trib. Firenze 3/1/2024 n. 12 – responsabilità del ginecologo per l’errata gestione del parto.
La partoriente veniva ricoverata presso il Dipartimento Materno-Infantile – SOD Complessa di Ostetricia e Ginecologia della struttura sanitaria con diagnosi di “gravidanza gemellare”.
Ivi, la gestante dava alla luce due gemelli di sesso opposto, il primo a seguito di parto naturale e la seconda a seguito di un intervento di taglio cesareo in emergenza.
La piccola neonata, nata per seconda, nasceva con una grave sofferenza da asfissia perinatale cagionata dall’errata conduzione del parto, che determinava fin dalla nascita un’encefalopatia ipossica ischemica poi evoluta in grave paralisi cerebrale irreversibile, con conseguente immediata stabilizzazione delle menomazioni nella misura massima del 99% di I.P, sino al suo decesso.
Nel corso del giudizio è emersa la responsabilità del ginecologo e degli ostetrici presenti al parto per non aver correttamente gestito il parto e per non aver mai informato la partoriente dell’effettiva natura, portata e gravità del trattamento sanitario nonché degli eventuali rischi e/o complicanze e/o delle possibili alternative chirurgiche (parto cesareo fin dall’inizio), di talchè tali omissioni hanno leso il suo diritto di autodeterminarsi liberamente in vista della disposizione della propria salute e di quella di entrambi i feti.
È emerso, inoltre, che l’operatore e l’équipe medica, nel corso del trattamento sanitario:
– non optavano per l’intervento chirurgico di parto cesareo fin dall’inizio per entrambi i gemelli;
– non optavano quantomeno per l’intervento chirurgico di parto cesareo subito dopo la nascita del primo feto (in considerazione sia della diminuzione di scambio uteroplacentare di cui risentiva il secondo feto, sia della posizione obliqua-posteriore assunta da quest’ultimo, che non consentiva un parto vaginale);
– non monitoravano continuamente il secondo feto;
– non eseguivano un esame flussimetrico Doppler (che avrebbe potuto valutare la circolazione fetale ed il funzionamento della placenta);
– non erano in grado di prevenire ed evitare la sofferenza fetale acuta in atto;
– non erano in grado, per un maldestro errore diagnostico, di riconoscere e diagnosticare tempestivamente la sofferenza fetale acuta in atto;
– non si accorgevano, quindi, della sofferenza fetale acuta che si era determinata in capo al secondo feto;
– sottoponevano la gestante, con inescusabile ritardo, ad un tardivo intervento chirurgico di taglio cesareo allorché la grave sofferenza fetale acuta era già in atto ed aveva cagionato danni irreversibili al secondo feto.
È emerso, altresì, che l’operatore e l’équipe medica e chirurgica, inserivano in cartella clinica accertamenti e diagnosi mai effettuate sul secondo feto, manomettendo e falsificando la cartella clinica con l’inserimento di un tracciato relativo ad altro soggetto con cui avevano scambiato i battiti (seppur annotavano colposamente in cartella clinica che il tracciato CTG fosse attribuibile al secondo feto).
Il Tribunale:
– accoglie le tesi della madre danneggiata;
– rigetta le tesi della struttura sanitaria;
– riconosce il danno parentale ed il danno all’autodeterminazione terapeutica della madre, nonché il danno terminale-tanatologico subito dalla neonata in vita (e, cioè, nel corso del breve periodo di sopravvivenza);
– liquida al genitore superstite, sulla scorta delle vigenti tabelle di liquidazione del Tribunale di Milano:
► il danno biologico terminale patìto dalla neonata de cuius durante il periodo di sopravvivenza;
► il danno non patrimoniale per la perdita del congiunto;
► il danno da lesione dell’autodeterminazione della madre-partoriente, personalizzandolo al massimo ed andando ben oltre le previsioni tabellari (liquidazione extra tabellare);
► il danno emergente passato per le spese funeratizie sostenute.
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Risarcimento di € 2.075.081,42 – distocia di spalla del neonato – paralisi brachiale dell’arto superiore – danno biologico del 50%.
A cura dell’Avv. Vincenzo Liguori
App. NA 14/11/2023 n. 4849: responsabilità del ginecologo per l’errata estrazione del feto.
La partoriente veniva ricoverata presso il reparto di Ostetricia e Ginecologia della struttura sanitaria e, dopo essere stata trasferita in sala parto, partoriva un feto del peso di 4.450 g.
Nella cartella clinica, il meccanismo del periodo espulsivo veniva definito come fisiologico e non veniva riportata alcuna anomalia né alcuna particolare pratica eseguita al momento del parto.
Alla nascita la neonata presentava però condizioni scadenti, con colorito pallido e cianosi al volto.
Pertanto, ne veniva disposto il ricovero presso il reparto di Neonatologia al fine di sottoporla a terapia in culla termica.
A seguito del ricovero, i medici formulavano la diagnosi di “macrosoma e paralisi ostetrica”, da cui era derivata, alla neonata, paralisi dell’arto superiore destro.
Nel corso del giudizio è emersa la responsabilità del ginecologo presente al parto per non aver correttamente gestito la distocia della spalla presentata dalla neonata ed, inoltre, per non aver applicato gli specifici protocolli che indicano le operazioni e manovre da disporre in tale evenienza.
La Corte di Appello:
– Rigetta le tesi degli appellanti (medico, struttura sanitaria e loro imprese di assicurazione);
– Accoglie le tesi dei genitori della piccola danneggiata;
– Raddoppia la liquidazione risarcitoria riconosciuta in primo grado;
– Liquida ai genitori della danneggiata i danni non patrimoniali per le lesioni e menomazioni subite dalla figlia;
– Liquida alla piccola danneggiata:
► il danno alla salute (comprensivo del danno biologico e del danno morale) con massima personalizzazione;
► il danno alla capacità lavorativa;
► il danno patrimoniale futuro per le spese di cura che dovrà sostenere per il resto della vita;
► il danno patrimoniale, passato e futuro, per le spese di assistenza domiciliare che dovrà sostenere a vita.
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Risarcimento di € 3.861.581,26 per un danno biologico del 100%.
A cura dell’Avv. Vincenzo Liguori
App. Bari 9/9/2020 n. 1539. Responsabilità del ginecologo: risarcimento del danno di € 3.861.581,26 per una I.P. del 100%, di cui € 2.890.040,56 alla macrolesa con personalizzazione del risarcimento, € 843.347,34 ai genitori ed € 128.193,36 alla germana.
La Corte di Appello:
– rigetta l’appello principale della struttura sanitaria;
– accoglie le tesi ed i motivi di appello incidentale della macrolesa e dei suoi congiunti;
– conferma la sussistenza del nesso causale tra trattamento sanitario e danno subito dalla macrolesa al momento della nascita quale tetraparesi con atassia, disartria, ritardo psicomotorio e difficoltà relazionali da encefalopatia ipossico ischemica e sofferenza metabolica ipoglicemia neonatale;
– conferma la responsabilità del ginecologo che ha assistito la partoriente durante il parto per i danni subiti dalla macrolesa al momento della nascita per aver operato senza uniformarsi alle corrette pratiche sanitarie del caso ed alle Linee Guida;
– precisa che alcuna rilevanza assume il disposto dell’art. 3, comma 1, D.L. 13 settembre 2012 n. 158 (cd. Decreto Balduzzi) in quanto la natura della responsabilità del medico dipendente o collaboratore della struttura sanitaria, pubblica o privata, non è cambiata ed è sempre contrattuale anche se fondata sul contatto sociale;
– precisa che alcuna rilevanza assume il disposto dell’art. 7 L. 8 marzo 2017 n. 24 (cd. Legge Gelli-Bianco) in quanto trattasi di norma non retroattiva;
– liquida alla macrolesa:
► il danno non patrimoniale mediante le tabelle di liquidazione del Tribunale di Milano e la massima personalizzazione del risarcimento;
► il danno da lucro cessante futuro;
► il danno emergente futuro;
– liquida ai congiunti della macrolesa:
► il danno non patrimoniale (morale) per le gravi lesioni subite dalla macrolesa mediante le tabelle di liquidazione del Tribunale di Milano;
► il danno emergente passato;
– liquida complessivamente alla macrolesa un importo circa tre volte maggiore rispetto a quello liquidato dal giudice di primo grado.
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Risarcimento di € 3.770.141,00 per un danno biologico del 70%.
A cura dell’Avv. Vincenzo Liguori
Trib. Napoli 8/4/2019 n. 3740 Responsabilità del ginecologo: risarcimento del danno di € 3.770.141,00 di cui € 2.966.199,00 al macroleso per una I.P. iatrogena del 70% con personalizzazione del risarcimento, € 268.498,00 al padre, € 277.450,00 alla madre, € 128.997,00 al germano ed € 128.997,00 alla germana.
La natura della responsabilità del medico dipendente o collaboratore della struttura sanitaria, pubblica o privata, non è cambiata dopo il decreto Balduzzi in quanto è sempre contrattuale anche se fondata sul contatto sociale.
L’art. 7 Legge Gelli-Bianco – che al comma 3 ha previsto che l’esercente la professione sanitaria che presti la propria opera all’interno di una struttura sanitaria risponde del proprio operato ai sensi dell’art. 2043 cod. civ. – non è retroattivo.
Paziente III gravida, III para, alla 32^ settimana + 4 giorni di gestazione, ricoverata per rottura delle acque in pretermine con feto in presentazione cefalica.
E’ responsabile il ginecologo che – seppur pratica alla partoriente la visita ginecologica e le somministra una fiala di Bentelan e vasosuprina al fine di posticipare il parto per il tempo necessario a instaurare una terapia per la profilassi delle complicanze più temute nel neonato pretermine – non applica il menagement previsto dalle linee guida per la minaccia di parto pretermine con Rottura Prematura delle Membrane che consiste in:
– esame con speculum sterile per la valutazione della cervice uterina ed eventuale perdita di liquido dalla vagina;
– valutazione del Ph vaginale e prelievo colturale del secreto cervico-vaginale (prima e dopo la somministrazione di antibiotico);
– valutazione ecografica per controllare l’epoca gestazionale, identificare la parte presentata e quantificare il volume di liquido amniotico. Profilo biofisico fetale e velocimetria Doppler materno-fetale ogni 47 ore;
– monitoraggio continuo della frequenza cardiaca fetale;
– monitoraggio della gestante per ogni segno di travaglio, infezione o rischio fetale, se l’epoca fetale risulta inferiore alla 34^ settimana e non sussistono altre indicazioni materno-fetali all’espletamento del parto;
– profilassi betametasone (somministrazione da 12 mg/24 ore per 2 giorni) per la maturazione polmonare;
– antibioticoterapia da iniziare entro 24 ore con antibiotico ad ampio spettro;
– accurato colloquio con in genitori in relazione alla scelta della via di espletamento del parto.
Liquidati al leso:
– il danno non patrimoniale;
– il danno patrimoniale da lucro cessante futuro;
– il danno emergente futuro per le necessarie spese di assistenza.
Liquidati ai congiunti del leso (genitori e germani):
– il danno non patrimoniale;
– il danno emergente passato per le spese sanitarie.
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Risarcimento di € 3.626.636,50 per un danno biologico del 91%.
A cura dell’Avv. Vincenzo Liguori
App. Napoli 26/6/2018 n. 3165. Sinistro stradale: risarcimento del danno di € 3.626.636,50, di cui € 3.198.527,06 al macroleso per una I.P. del 91% con personalizzazione del risarcimento, € 215.089,14 al padre ed € 213.020,30 alla madre, importi poi ridotti sia per l’indennità percepita dalla vittima a titolo di accompagnamento, sia per il suo concorso colposo.
La Corte di Appello accoglie i motivi di appello del leso e dei suoi congiunti che avevano visto rigettare in toto le loro domande e liquida:
– il danno non patrimoniale al macroleso;
– il danno emergente passato e futuro al macroleso;
– il danno da lucro cessante passato e futuro al macroleso;
– il danno non patrimoniale (morale) ai congiunti del macroleso per le gravi lesioni da quest’ultimo subite;
– le spese di consulenza tecnica di parte redatte ante iudicium.
La domanda dell’impresa di assicurazione di contenere la limitazione dell’obbligazione debitoria nei limiti del massimale di polizza è un’eccezione in senso improprio con la conseguenza che la questione del limite del massimale può essere rilevata anche d’ufficio dal Giudice.
L’irrituale produzione della polizza di assicurazione preclude:
– alla parte la possibilità di utilizzare il documento come fonte di prova;
– al Giudice di esaminarlo.
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Risarcimento di € 1.123.025,62 per danno biologico del 72%.
A cura dell’Avv. Vincenzo Liguori
Trib. Napoli 21/5/2020 n. 3562. Sinistro stradale: risarcimento del danno di € 1.123.025,62 per una I.P. del 72% con personalizzazione del risarcimento, importo poi ridotto del 30% per il concorso colposo della vittima in ordine all’an debeatur.
Il Tribunale:
– accoglie le tesi del danneggiato;
– rigetta le tesi dell’impresa designata;
– ritiene che il conducente del veicolo non identificato che opera manovra di conversione a sinistra, invade la semicarreggiata opposta e non concede la precedenza al veicolo favorito che proviene dall’opposto senso di marcia è responsabile al 70% del sinistro;
– ritiene il leso, conducente del veicolo danneggiato, corresponsabile al 30% del sinistro per l’eccessiva velocità;
– liquida al danneggiato tutti i danni subiti, patrimoniali e non patrimoniali;
– personalizza il risarcimento.
Risarcimento di € 48.395,20 per una I.P. iatrogena differenziale del 8% con personalizzazione.
App. Napoli 19/11/2021 n. 5440: responsabilità del chirurgo ortopedico.
La Corte di Appello:
– accoglie le tesi della danneggiata;
– rigetta le tesi del medico e della struttura sanitaria;
– condanna il chirurgo e la struttura sanitaria al pagamento in favore della danneggiata dei danni da ella subiti per l’errata riduzione della frattura del gomito;
– riconosce alla danneggiata un importo superiore al triplo rispetto a quanto liquidato in primo grado;
– liquida in favore della danneggiata il risarcimento del danno non patrimoniale:
► comprensivo del danno morale e dell’aumento in percentuale a titolo di personalizzazione del risarcimento, sulla scorta delle tabelle del Tribunale di Milano;
► mediante il criterio correttivo del risarcimento del danno differenziale, con ulteriore personalizzazione.
App. Napoli 1/2/2021 n. 345
Danni al trasportato: risarcimento del danno di € 199.308,01, di cui € 182.708,01 al macroleso per una I.P. del 24% con personalizzazione del risarcimento ed € 16.600,00 alla madre.
La Corte di Appello:
– accoglie le tesi ed i motivi di appello principale dei danneggiati;
– rigetta le tesi ed i motivi di appello incidentale dell’impresa designata;
– dichiara inammissibile l’appello incidentale dell’impresa designata;
– liquida al macroleso:
► il danno non patrimoniale con la personalizzazione del risarcimento (denegata dal giudice di primo grado);
► il danno da ritardo dall’evento (denegato dal giudice di primo grado);
– aumenta quasi del 50% l’importo liquidato al danneggiato dal giudice di primo grado;
– liquida alla madre convivente del macroleso il danno non patrimoniale per le gravi lesioni subite dal figlio (denegato dal giudice di primo grado).
Trib. Napoli 19/10/2020
Responsabilità della struttura sanitaria: risarcimento del danno di € 31.109,15 per una I.P. iatrogena differenziale dell’8%.
Paziente sottoposta ad un non indicato e sovradimensionato intervento chirurgico di quadrantectomia alla mammella con radicalizzazione del quadrante nonché dissezione di due linfonodi ed asportazione del linfonodo sentinella a livello ascellare, praticato sulla base di un esame istologico estemporaneo erroneamente interpretato.
Il Tribunale:
– accoglie le tesi della danneggiata;
– rigetta le tesi della struttura sanitaria e della sua impresa di assicurazione;
– ritiene provato il nesso causale tra trattamento sanitario, errata diagnosi istologica, conseguente non indicato e sovradimensionato intervento chirurgico, peggioramento delle condizioni di salute e menomazioni residuate;
– ritiene provata la responsabilità dell’oncologo e del chirurgo in servizio presso la struttura sanitaria per:
► l’errata diagnosi di neoplasia mammaria;
► la conseguente errata scelta chirurgica, eccessivamente demolitiva;
– liquida alla danneggiata il danno non patrimoniale mediante:
► le tabelle di liquidazione del Tribunale di Milano;
► il criterio correttivo di risarcimento del danno differenziale che va compiuto non sul grado di invalidità permanente ma sui valori monetari.
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