Trib. Torre Annunziata 10/9/2018 n. 1943
Responsabilità del medico di Pronto Soccorso e morte del paziente: risarcimento del danno di € 607.614,78, di cui € 533.430,46 ai tre figli (€ 177.476,82 cadauno) ed € 75.184,32 ai sei nipoti non conviventi della vittima di anni 76 (€ 12.530,72 cadauno).
Paziente affetto da dolore alla regione posteriore del torace resistente alla terapia antidolorifica, visitato e dimesso due volte dal Pronto soccorso ospedaliero nel giro di poche ore e successivamente deceduto per infarto del miocardico acuto e conseguente shock cardiogeno.
E’ responsabile il medico di Pronto Soccorso che:
– esegue al paziente una sintetica raccolta anamnestica ed un incompleto esame clinico;
– non esegue il rilievo pressorio;
– non rileva la frequenza cardiaca e la saturazione d’ossigeno;
– pone in atto azioni sbagliate omettendo quelle per lo meno atte a contenere l’evoluzione della patologia ischemica acuta cardiaca;
– dimette il paziente con l’errata diagnosi di contrattura muscolare in regione del dorso.
Liquidati:
– il danno non patrimoniale terminale alla vittima per dodici ore di sopravvivenza;
– il danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale;
– la parcella stragiudiziale del difensore;
– la parcella del difensore per la mediazione espletata ante iudicium.
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Trib. Napoli 22/2/2018 n. 1925
Responsabilità del chirurgo: risarcimento del danno di € 36.634,59 per una I.P. iatrogena del 10% con personalizzazione del risarcimento.
Paziente affetta da colecistite – calcolosi sottoposta ad intervento chirurgico di colecistectomia calcolotica per via laparotomica.
Sono responsabili il chirurgo operatore ed i sanitari in quanto:
– dagli esami ematochimici praticati nelle prime fasi di ricovero e antecedentemente all’intervento chirurgico appariva già uno stato di sofferenza epatica (“epatopatia satellite”);
– nonostante fosse attendibile l’ipotesi che si versasse in ipotesi di empiema della colecisti (raccolta di materiale settico in cavità anatomica preformata, nel caso specifico la colecisti), patologia confermata successivamente nel diario operatorio dell’intervento, non eseguivano, sia nella fase antecedente all’intervento che in quella successiva, esami ematochimici volti ad indagare la funzionalità pancreatica attraverso indagini laboratoristiche e strumentali di facile e routinaria esecuzione;
– una volta accertata la diagnosi di empiema i sanitari si preoccupavano di mantenere la paziente sotto attenta osservazione e la dimettevano nonostante la manifesta iperamilasemia, indicativa di una pancreatite acuta in atto;
– con tale comportamento omissivo determinavano la persistenza di un quadro acuto di pancreatite con tendenza alla recidiva, foriero successivamente a sua volta di episodi di coliche addominali, per le quali la paziente era costretta suo malgrado a ricorrere più volte a cure mediche con successivi ricoveri;
– se a tempo debito avessero controllato la funzionalità pancreatica attraverso indagini di laboratorio e strumentali e avessero trattato precocemente la pancreatite acuta, la paziente avrebbe verosimilmente conseguito la restituito ad integrum dell’organo.
Liquidati parcella del difensore per la mediazione e spese di consulenza tecnica di parte redatta ante iudicium.