Terzo trasportato e tamponamento provocato da veicolo non identificato
A cura dell’Avv. Vincenzo Liguori
App. Napoli 13/1/2023 n. 174: riformata la decisione di primo grado che aveva ritenuto inammissibile l’azione ex art. 141 del d.lgs. n. 209 del 2005 esperita dal danneggiato nei confronti della compagnia assicurativa del veicolo su cui viaggiava in qualità di trasportato.
L’incidente avveniva tra un veicolo (rimasto non identificato) che tamponava da tergo il motociclo su cui viaggiava la danneggiata in qualità di passeggera.
La difesa della danneggiata ha evidenziato che la Corte Costituzionale ha chiarito che le norme contenute negli gli artt. 141, 143, 144, 148, 149, 150, D. Lgs. 7 settembre 2005, n. 209 (Codice delle assicurazioni private), lette congiuntamente agli artt. 1917, 2043 e 2054 c.c., non precludono la possibilità di un’interpretazione costituzionalmente orientata delle stesse, nel senso cioè che esse si limitino a rafforzare la posizione del trasportato, legittimandolo ad agire direttamente nei confronti della compagnia assicuratrice del veicolo vettore, senza peraltro togliergli la possibilità di fare valere i diritti derivanti dal rapporto obbligatorio nato dalla responsabilità civile dell’autore del fatto dannoso.
Il giudice di primo grado aveva dichiarato inammissibile l’azione ex art. 141 CdA nell’ipotesi in cui uno dei due veicoli coinvolti non risulti identificato.
La Corte di Appello ha invece condiviso le tesi della difesa della danneggiata (divenute oramai pacifiche all’indomani dell’intervento delle Sezioni Unite del 30/11/2022, n. 35318), seppur già espresse da precedenti orientamenti secondo cui, in tema di risarcimento del danno da incidente stradale, ed alla stregua di un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 141 del d.lgs. n. 209 del 2005, la persona trasportata può avvalersi dell’azione diretta nei confronti dell’impresa di assicurazioni del veicolo sul quale viaggiava al momento del sinistro anche se quest’ultimo sia stato determinato da uno scontro in cui sia rimasto coinvolto un veicolo non assicurato o non identificato.
Inoltre, secondo l’insegnamento della Suprema Corte, in tema di risarcimento del danno da incidente stradale ed alla stregua di un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 141 del d.lgs. n. 209 del 2005, la persona trasportata può avvalersi dell’azione diretta nei confronti dell’impresa di assicurazione del veicolo sul quale viaggiava al momento del sinistro anche se l’incidente sia stato determinato da uno scontro in cui sia rimasto coinvolto un veicolo non assicurato o non identificato.
Anche in questa ipotesi ricorre, infatti, quella duplicità degli enti assicurativi (quello del vettore e quello designato dal F.G.V.S.) che consente l’operatività del meccanismo di anticipazione/rivalsa delineato dall’art. 141 cod. ass. e, con esso, la possibilità di riconoscere tutela rafforzata al trasportato danneggiato.
La Corte di Appello, in riforma della decisione di primo grado:
– accoglie le tesi della danneggiata;
– rigetta le tesi dell’impresa di assicurazione;
– ritiene applicabile la tutela privilegiata riconosciuta dall’art. 141 del d.lgs. n. 209 del 2005 al trasportato anche se il sinistro sia stato determinato da uno scontro in cui sia rimasto coinvolto un veicolo non assicurato o non identificato;
– condanna l’impresa di assicurazione al pagamento in favore della danneggiata di tutti i danni subiti.
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Risarcimento di € 51.764,39 per un danno biologico differenziale del 8,5% con personalizzazione.
A cura dell’Avv. Vincenzo Liguori
App. Napoli 12/4/2023 n. 1657: responsabilità da cose in custodia.
Raddoppiato circa, in Appello, l’importo risarcitorio liquidato alla danneggiata in primo grado.
La lesa ha inizialmente convenuto in giudizio il titolare di un esercizio commerciale per sentirlo condannare al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti a causa della caduta occorsale mentre si accingeva ad uscire dal negozio, allorchè scivolava e cadeva al suolo a causa del pavimento completamente bagnato (in quanto era stato lavato con acqua e sapone, non era stato asciugato e la scivolosità del pavimento non era percepibile).
L’impresa di assicurazione dell’esercente, evocata da quest’ultimo al fine di manlevarlo dagli obblighi risarcitori, era stata con lui condannata in solido in primo grado.
Tale impresa di assicurazione ha proposto appello contestando la condanna subita in primo grado.
La danneggiata proponeva a sua volta appello incidentale avverso la sentenza di primo grado lamentando la riduttiva quantificazione del danno alla salute.
La Corte di Appello, in riforma della decisione di primo grado:
– accoglie le tesi della danneggiata;
– rigetta le tesi della compagnia assicurativa;
– condanna la compagnia assicurativa al risarcimento dei maggiori danni subiti dalla lesa a causa dell’illecito;
– liquida in favore della danneggiata il risarcimento del danno non patrimoniale mediante il criterio correttivo del danno differenziale.
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Terzo trasportato e macchia d’olio provocata da veicolo non identificato.
A cura dell’Avv. Vincenzo Liguori
Trib. Napoli 6/2/2023 n. 1310: riformata la decisione di primo grado che aveva rigettato l’azione ex art. 141 del d.lgs. n. 209 del 2005 esperita dalla danneggiata nei confronti della compagnia assicurativa del veicolo su cui viaggiava in qualità di trasportata.
Il Tribunale ha riformato la decisione del Giudice di Pace nella parte in cui quest’ultimo aveva fatto coincidere il caso fortuito con l’assenza di colpa del conducente del veicolo vettore.
L’incidente vedeva protagonisti due veicoli: uno rimasto non identificato, che ha provocato la presenza dell’olio sul manto stradale, e un motociclo su cui viaggiava, come trasportata, la danneggiata.
La difesa della danneggiata, con riguardo ai presupposti applicativi dell’art. 141 del codice delle assicurazioni, ha evidenziato che le incertezze interpretative della norma sono state di recente superate dalla sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 35318 del 30/11/2022 la quale, richiamando anche altri precedenti del giudice di legittimità, ha stabilito che:
a) per l’applicabilità dell’art. 141 non è necessario che vi sia uno scontro materiale tra veicoli, ma è sufficiente che almeno due di essi siano coinvolti nel sinistro, come può accadere, ad esempio, nel caso di condotta irregolare di un mezzo (che, ad esempio, tagli la strada o si immetta contromano) che costringa il conducente di un altro mezzo ad una manovra di emergenza da cui derivi un danno ai passeggeri;
b) la norma si applica anche laddove l’altro veicolo non sia identificato o sia privo di copertura assicurativa;
c) come emerge dalla formulazione letterale della norma, l’azione ex art. 141 d.lgs. n. 209 del 2005 prescinde dall’accertamento della responsabilità dei veicoli coinvolti nel sinistro, sicché il “caso fortuito” presente nell’incipit della disposizione è nozione distinta dalla condotta colposa del conducente dell’altro veicolo coinvolto e deve intendersi circoscritto alle cause naturali e ai danni causati da condotte umane indipendenti dalla circolazione di altri veicoli;
d) l’azione in esame non introduce un giudizio sulla responsabilità dei conducenti dei veicoli coinvolti nel sinistro (essendo configurabile tale esito solo nel caso in cui l’impresa di assicurazione del responsabile civile, intervenendo nel giudizio, estrometta l’impresa di assicurazione del veicolo, riconoscendo la responsabilità del proprio assicurato);
e) ammettere che l’accertamento possa riguardare anche l’assenza di responsabilità del vettore significherebbe limitare l’azione del trasportato ai soli casi di responsabilità esclusiva o concorrente del vettore con la conseguenza che l’art. 141 nulla aggiungerebbe alla comune azione ai sensi dell’art. 2054 c.c., comma 2, art. 2055 c.c., e art. 144 cod. assicurazioni.
Alla luce di tali principi, è dunque possibile affermare che, per ottenere il risarcimento del danno, il trasportato-danneggiato deve dimostrare: – il verificarsi dell’incidente e il nesso causale tra quest’ultimo e i danni lamentati; – l’esistenza dei danni; – la sua condizione di trasportato; – il coinvolgimento di almeno due veicoli.
Una volta dimostrate le suddette circostanze, spetta all’assicuratore del vettore dimostrare che il sinistro è stato causato da caso fortuito, ossia da un evento imprevedibile e inevitabile che sia del tutto scollegato dalla circolazione di altro veicolo.
Resta quindi del tutto irrilevante l’assenza di colpa del vettore o di nesso causale tra la sua condotta e i danni lamentati.
Il Tribunale, pertanto, quale Giudice di Appello:
– accoglie le tesi della danneggiata;
– rigetta le tesi dell’impresa di assicurazione;
– ritiene che, in base a quanto previsto dall’art. 141 del d.lgs. n. 209 del 2005 (Codice delle assicurazioni private), il danneggiato che viaggia quale passeggero su un veicolo ha diritto al risarcimento per il solo fatto che il sinistro abbia visto coinvolti due veicoli, mentre è del tutto irrilevante che i danni non siano imputabili al suo vettore;
– ritiene applicabile la tutela privilegiata riconosciuta dall’art. 141 del d.lgs. n. 209 del 2005 al trasportato;
– condanna l’impresa di assicurazione al pagamento in favore della danneggiata di tutti i danni subiti.
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Risarcimento di € 46.557,62 per un danno biologico differenziale del 6% con personalizzazione.
A cura dell’Avv. Vincenzo Liguori
Trib. Napoli 31/1/2023 n. 1392: responsabilità del chirurgo ortopedico.
Il danneggiato, affetto da frattura scomposta del femore sinistro (frattura multipla meta-diafisaria del femore sinistro), ha convenuto in giudizio l’Azienda Ospedaliera per sentirla condannare al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali dallo stesso subiti in seguito all’erronea esecuzione dell’intervento chirurgico di osteosintesi espletato presso la struttura sanitaria.
Il Tribunale:
– accoglie le tesi del danneggiato;
– rigetta le tesi della struttura sanitaria;
– condanna la struttura sanitaria al risarcimento dei danni subiti a causa dell’errato intervento chirurgico di riduzione e sintesi della frattura;
– liquida in favore del danneggiato il risarcimento del danno non patrimoniale:
► mediante il criterio correttivo del danno differenziale iatrogeno;
► riconoscendo l’autonomia del danno da lesione del diritto all’autodeterminazione e del danno morale rispetto al danno alla salute.
Risarcimento di € 53.308,28 per un danno biologico differenziale del 7% con personalizzazione.
A cura dell’Avv. Vincenzo Liguori
Trib. Napoli 14/9/2022 n. 11327: responsabilità del chirurgo ortopedico.
I genitori del danneggiato minorenne, affetto da deformazione congenita del piede, hanno convenuto in giudizio l’Azienda Ospedaliera Universitaria per sentirla condannare al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti dal figlio in seguito all’erronea esecuzione dell’intervento di Codivilla, finalizzato al trattamento del piede torto da cui era affetto fin dalla nascita.
Il Tribunale:
– accoglie le tesi dei danneggiati;
– rigetta le tesi della struttura sanitaria;
– condanna la struttura sanitaria al risarcimento dei danni subiti dal minore a causa dell’errato trattamento (il quale, se correttamente eseguito, avrebbe risolto completamente la problematica congenita da cui era affetto il minore);
– liquida in favore del minore il risarcimento del danno non patrimoniale:
► mediante il criterio correttivo del danno differenziale iatrogeno;
► riconoscendo l’autonomia del danno da lesione del diritto all’autodeterminazione e del danno morale rispetto al danno alla salute.
Risarcimento di € 36.157,19 per un danno biologico differenziale del 9% con personalizzazione.
A cura dell’Avv. Vincenzo Liguori
Trib. Santa Maria Capua Vetere 20/3/2023 n. 1210: responsabilità del chirurgo.
La danneggiata ha convenuto in giudizio l’Azienda Ospedaliera e l’operatore per sentirli condannare al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti a causa dell’errato ed inadeguato intervento chirurgico di tiroidectomia totale subito, che le ha provocato una lesione iatrogena del nervo ricorrente sinistro e l’insorgenza di paralisi delle corde vocali a sinistra.
Il Tribunale:
– accoglie le tesi della danneggiata;
– rigetta le tesi della struttura sanitaria e del chirurgo;
– condanna la struttura sanitaria ed il medico al risarcimento dei danni subiti dalla paziente a causa dell’errato trattamento (il quale, se correttamente eseguito, avrebbe risolto completamente la problematica congenita da cui era affetta);
– liquida in favore della danneggiata il risarcimento del danno non patrimoniale:
► mediante il criterio correttivo del danno differenziale iatrogeno;
► riconoscendo l’autonomia del danno da lesione del diritto all’autodeterminazione e del danno morale rispetto al danno alla salute.
Danno permanente futuro, criteri di accertamento e quantificazione: anticipata capitalizzazione o rendita?
21/4/2023: Articolo dell’avv. Vincenzo Liguori al seguente link: https://ridare.it/articoli/quesiti-operativi/danno-permanente-futuro-criteri-di-accertamento-e-quantificazione
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Risarcimento di € 614.590,01 per la nascita “indesiderata” del feto affetto da malformazioni e suo successivo decesso.
A cura dell’Avv. Vincenzo Liguori
Trib. Torre Annunziata 5/12/2022 n. 2722: responsabilità per errata interruzione di gravidanza, omessa diagnosi di malformazioni fetali e suo successivo decesso dopo 6 mesi di sopravvivenza.
La paziente, avvedutasi di essere incinta a seguito di una relazione adulterina, giunge volontariamente in ospedale al fine di sottoporsi ad aborto tramite intervento di interruzione della gravidanza. L’isterosuzione con raschiamento non sortisce gli effetti voluti per maltalento ed imperizia dei medici, i quali non si avvedono dell’errore commesso e, con diagnosi tardiva, costringono la gestante a proseguire una gravidanza espressamente non voluta.
Solo al momento della nascita vengono riscontrate delle gravissime malformazioni al feto (agenesia del corpo calloso), a causa delle quali la gestante è costretta ad iniziare un travagliato percorso di cure per tentare di salvare la piccola neonata la quale, tuttavia, muore dopo circa 6 mesi.
Il Tribunale:
– accoglie le tesi della gestante-madre danneggiata;
– rigetta le tesi della struttura sanitaria;
– condanna la struttura sanitaria al pagamento in favore della madre del risarcimento di tutti i danni subiti;
– liquida alla stessa:
► il danno da lesione dell’autodeterminazione, personalizzandolo al massimo ed andando ben oltre le previsioni tabellari (liquidazione extra tabellare);
► il danno non patrimoniale per la perdita del rapporto parentale, patito iure proprio per la successiva morte della neonata, sulla scorta delle vigenti tabelle di liquidazione del Tribunale di Milano.
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Risarcimento di € 237.709,14 per un danno biologico del 28%.
A cura dell’Avv. Vincenzo Liguori
App. Napoli del 3/3/2023 n. 938: responsabilità del chirurgo.
Paziente affetta da cisti ovarica endometriosica sinistra sottoposta ad intervento chirurgico di isteroscopia.
È responsabile il chirurgo per:
– non aver eseguito un intervento di resezione dell’intera lesione endometriosica ovarica per via laparoscopica, considerata dalla letteratura specialistica chirurgica il “gold standard” per il trattamento dell’endometrioma;
– aver eseguito una non condivisibile aspirazione sotto controllo ecografico della cisti ovarica che ha determinato un’importante reazione infiammatoria prima locale e poi ai circostanti tessuti limitrofi;
– aver provocato la complicanza flogistico-infettiva a carico dell’ovaio di sinistra che ha portato alla necessità di procedere ad un intervento più demolitivo di laparo-isterectomia totale con annessiectomia bilaterale e resezione di un tratto del colon discendente e del sigma.
L’inadempimento del medico e della struttura sanitaria privata porta come corollario la risoluzione del contratto di cura con obbligo restitutorio del compenso percepito per il contratto inadempiuto.
La Corte di Appello:
– Rigetta le tesi degli appellanti (medico e struttura sanitaria);
– Accoglie le tesi della danneggiata;
– Conferma la liquidazione risarcitoria riconosciuta in primo grado;
– Riconosce la liquidazione dei danni successivi alla sentenza di primo grado.
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Onere di espressa riproposizione in appello delle domande assorbite in primo grado
7/2/2023: articolo dell’avv. Vincenzo Liguori
ONERE DI ESPRESSA RIPROPOSIZIONE IN APPELLO DELLE DOMANDE ASSORBITE IN PRIMO GRADO
A cura dell’avv. Vincenzo Liguori.
Il principio di diritto.
In conformità a quanto disposto dalle Sezioni Unite della S.C., la Corte di Cassazione, sez. VI Civile, sentenza 12 aprile 2022, n. 11895, sancisce che le domande e le eccezioni non accolte in primo grado, in quanto rimaste assorbite dall’accoglimento della domanda principale (in questo caso la simulazione), debbono essere espressamente riproposte in sede di appello, senza necessità di appello incidentale e senza uno specifico vincolo di forma (cfr. Cass. S.U. 12/5/2017 n. 11799).
I fatti di causa.
La Banca Unicredit conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Bologna una coppia di coniugi ed il loro figlio, chiedendo che fossero dichiarati simulati, ovvero in subordine inefficaci nei suoi confronti ai sensi dell’art. 2901 c.c., due atti di compravendita con i quali gli stessi coniugi convenuti avevano ceduto al loro figlio la proprietà di una serie di immobili.
La Banca attrice, a sostegno della propria domanda, esponeva che i coniugi convenuti avevano rilasciato in suo favore una fideiussione per le obbligazioni assunte da una Società che risultava essere esposta per la somma di Euro 587.000.
Nel giudizio di primo grado si costituivano i convenuti ed interveniva la Banca Monte dei Paschi di Siena associandosi alle domanda dell’attrice.
Il Tribunale accoglieva la domanda principale di simulazione e condannava i convenuti al pagamento delle spese di lite.
Avverso la sentenza del Tribunale di Bologna proponevano appello i convenuti soccombenti.
Il giudizio di appello, successivamente, veniva interrotto per la morte di una delle parti.
Gli appellanti riassumevano il giudizio e la Corte di Appello di Bologna, con sentenza n. 2904 del 17 ottobre 2019, in riforma della decisione di primo grado, rigettava la domanda di simulazione ma accoglieva quella di revocatoria, dichiarando, pertanto, inefficaci nei confronti della Banca – la quale, nelle more, era succeduta nel credito – i due atti di compravendita in esame, compensando le spese dei due gradi di giudizio per la reciproca soccombenza.
La stessa Corte, in particolare, rilevava che la domanda di revocatoria era esaminabile in quanto, seppur non riportata nelle conclusioni della prima comparsa di risposta, era stata riproposta nel corpo della medesima e nelle conclusioni depositate nella fase successiva alla riassunzione.
Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso in Cassazione gli appellanti soccombenti affidando il loro ricorso a due motivi.
I ricorrenti, in particolare:
(-) con il primo motivo di ricorso eccepivano la nullità della sentenza per ultrapetizione ex art. 112 c.p.c. avendo la stessa esaminato la domanda di revocatoria che non era stata riproposta in grado di appello;
(-) con il secondo motivo di ricorso eccepivano la violazione e falsa applicazione dell’art. 2901 c.c. per la mancanza delle condizioni necessarie per accogliere la domanda revocatoria.
La norma processuale.
L’art. 346 c.p.c., rubricato “decadenza dalle domande e dalle eccezioni non riproposte”, prevede espressamente che le domande e le eccezioni non accolte nella sentenza di primo grado, che non sono espressamente riproposte in appello, si intendono rinunciate.
Ragioni della decisione della Suprema Corte di Cassazione.
La Suprema Corte ha accertato che dagli atti di causa risultava che la Banca, nel costituirsi nel giudizio di appello con l’originaria comparsa di risposta, dopo aver ripreso la questione della simulazione, aveva rilevato che la sentenza di primo grado non aveva in alcun modo affrontato il tema della revocatoria, per cui su questo punto non vi era stata alcuna decisione da impugnare.
La Banca, sul punto e nello stesso atto, aveva precisato che dovevano essere ribadite le argomentazioni che avrebbero potuto essere poste “a fondamento di un’eventuale pronuncia di revocatoria degli atti di compravendita per cui è causa”.
Per la Suprema Corte, quindi, seppur l’accoglimento della domanda di revocatoria non era stato espressamente riportato nelle conclusioni contenute nella comparsa di risposta – precisazione che è poi stata inserita nella comparsa di costituzione a seguito della riassunzione – deve affermarsi che il tenore dell’atto sia più che idoneo a far ritenere che tale domanda sia stata correttamente e tempestivamente riproposta.
Invero, in conformità a quanto disposto dalle Sezioni Unite della S.C., le domande e le eccezioni non accolte in primo grado, in quanto rimaste assorbite dall’accoglimento della domanda principale (in questo caso la simulazione), debbono essere riproposte in sede di appello, senza necessità di appello incidentale e senza uno specifico vincolo di forma (Cass. S.U. 12/5/2017 n. 11799).
Ne consegue, quindi, che l’appellato che ha visto accogliere nel giudizio di primo grado la sua domanda principale, per non incorrere nella presunzione di rinuncia di cui all’art. 346 c.p.c., è tenuto a riproporre espressamente, in qualsiasi forma indicativa della volontà di sottoporre la relativa questione al giudice d’appello, la domanda subordinata non esaminata dal primo giudice, non potendo quest’ultima rivivere per il solo fatto che la domanda principale sia stata respinta dal giudice dell’impugnazione (Cass. 14/4/2015 n. 7457; Cass. 3 luglio 2020, n. 13721).
Con il secondo motivo di ricorso, come esposto, i ricorrenti rilevavano che la legge vieta di assoggettare a revocatoria il pagamento di un debito scaduto.
La Corte ha ritenuto infondato tale motivo sia perché la sentenza impugnata aveva correttamente affermato che era rimasta del tutto sfornita di prova l’affermazione che le somme frutto delle vendite in questione erano state versate in adempimento (parziale) del debito scaduto e sia perché, al fine di stabilire l’anteriorità o la posteriorità degli atti dispositivi, ciò che conta è la prima fideiussione che, nel caso in esame, risaliva ad un momento antecedente rispetto alle due vendite, per cui del tutto infondata è risultata essere la censura circa la presunta anteriorità degli atti dispositivi rispetto al sorgere del credito.
Il ricorso, pertanto, è stato rigettato.
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