Risarcimento di € 1.159.550,40 – morte per errore medico – mancata prevenzione della recidiva di ischemia
A cura dell’Avv. Vincenzo Liguori
Trib. Napoli 22/11/2023 n. 8047: responsabilità per omessa prevenzione della recidiva di attacco ischemico transitorio (TIA) e decesso del paziente.
Il paziente subiva un attacco ischemico transitorio (TIA) che lo aveva portato a manifestare cefalea, stato confusionale e blocco della parola; lo stesso giorno, pertanto, il paziente si ricoverava presso la struttura sanitaria con diagnosi di accettazione di “cefalea nucale, profusa sudorazione”.
Il paziente, nel corso del ricovero, lamentava altresì disturbi neurologici (afasia) e disfagia, per i quali veniva sottoposto ad esame TAC cranio che non evidenziava alterazioni.
Il paziente, soltanto nel tardo pomeriggio, veniva sottoposto ad ecocardiogramma transtoracico e transesofageo che evidenziava un versamento pericardico per il quale si rendeva necessario un immediato intervento chirurgico di pericardiocentesi.
Tuttavia, successivamente, altri medici in servizio presso l’ospedale ritenevano che l’intervento chirurgico di pericardiocentesi non fosse né necessario né utile, limitandosi dunque a somministrare al paziente un trattamento farmacologico.
Nel corso dell’intera notte le condizioni cliniche del paziente peggioravano sempre più.
Veniva, pertanto, allertato il personale medico in servizio che, però, si limitava a mantenere sostanzialmente invariata la terapia farmacologica in somministrazione.
Lo sventurato paziente, dopo poche ore, subiva una recidiva di attacco ischemico transitorio (TIA) e, successivamente, decedeva per arresto cardio-respiratorio.
Il personale medico in servizio, infatti, nel corso del trattamento sanitario, del tutto erroneamente ed inescusabilmente:
– errava la diagnosi iniziale, focalizzando l’attenzione diagnostico-terapeutica sulla pericardite e trascurando completamente l’attacco ischemico transitorio (TIA) subito dal de cuius poche ore prima del ricovero;
– errava nella somministrazione delle cure farmacologiche, non attuando le doverose terapie preventive al fine di scongiurare una temibile e grave recidiva di attacco ischemico;
– non somministrava al paziente – come invece prescrivevano le linee guida ed i protocolli di riferimento – antiaggreganti piastrinici ed anticoagulanti, il che avrebbe consentito di prevenire ed impedire il catastrofico finale evento ischemico cerebrale;
– redigeva la cartella clinica solo a posteriori, non contestualmente ai trattamenti sanitari ed, in ogni caso, in maniera incompleta ed infedele.
Il Tribunale:
– accoglie le tesi dei figli del paziente defunto;
– rigetta le tesi della struttura sanitaria;
– riconosce il danno da perdita del rapporto parentale subìto dai figli superstiti;
– condanna la struttura sanitaria al risarcimento di tutti i danni subiti.
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Risarcimento di € 2.075.081,42 – distocia di spalla del neonato – paralisi brachiale dell’arto superiore – danno biologico del 50%.
A cura dell’Avv. Vincenzo Liguori
App. NA 14/11/2023 n. 4849: responsabilità del ginecologo per l’errata estrazione del feto.
La partoriente veniva ricoverata presso il reparto di Ostetricia e Ginecologia della struttura sanitaria e, dopo essere stata trasferita in sala parto, partoriva un feto del peso di 4.450 g.
Nella cartella clinica, il meccanismo del periodo espulsivo veniva definito come fisiologico e non veniva riportata alcuna anomalia né alcuna particolare pratica eseguita al momento del parto.
Alla nascita la neonata presentava però condizioni scadenti, con colorito pallido e cianosi al volto.
Pertanto, ne veniva disposto il ricovero presso il reparto di Neonatologia al fine di sottoporla a terapia in culla termica.
A seguito del ricovero, i medici formulavano la diagnosi di “macrosoma e paralisi ostetrica”, da cui era derivata, alla neonata, paralisi dell’arto superiore destro.
Nel corso del giudizio è emersa la responsabilità del ginecologo presente al parto per non aver correttamente gestito la distocia della spalla presentata dalla neonata ed, inoltre, per non aver applicato gli specifici protocolli che indicano le operazioni e manovre da disporre in tale evenienza.
La Corte di Appello:
– Rigetta le tesi degli appellanti (medico, struttura sanitaria e loro imprese di assicurazione);
– Accoglie le tesi dei genitori della piccola danneggiata;
– Raddoppia la liquidazione risarcitoria riconosciuta in primo grado;
– Liquida ai genitori della danneggiata i danni non patrimoniali per le lesioni e menomazioni subite dalla figlia;
– Liquida alla piccola danneggiata:
► il danno alla salute (comprensivo del danno biologico e del danno morale) con massima personalizzazione;
► il danno alla capacità lavorativa;
► il danno patrimoniale futuro per le spese di cura che dovrà sostenere per il resto della vita;
► il danno patrimoniale, passato e futuro, per le spese di assistenza domiciliare che dovrà sostenere a vita.
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Risarcimento di € 221.332,06 per una perdita di chance di sopravvivenza del 25%.
A cura dell’Avv. Vincenzo Liguori
Trib. Napoli 31/10/2023 n. 7182: responsabilità per negligente disinteressamento ed omessa decontaminazione del paziente avvelenato.
Il paziente si recava presso il Pronto Soccorso della struttura sanitaria, ove veniva ricoverato per malore diffuso, conati di vomito e dolori agli arti inferiori, provocati dall’accidentale ingestione di un pesticida diserbante (Diquat) mentre era intento a spargerlo nel fondo di cui era proprietario.
Il personale medico in servizio presso la struttura sanitaria, però, nonostante l’evidente gravità della condizione clinica del paziente (avvelenamento da pesticida), non sottoponeva lo stesso ad alcun trattamento sanitario in grado di salvargli la vita.
Infatti, nonostante la diagnosi di avvelenamento, i sanitari non provvedevano a sottoporre il paziente ad idoneo trattamento terapeutico, limitandosi ad effettuare allo stesso un’iniezione di glucosio ed a trasferirlo presso il reparto O.B.I. (Osservazione Breve Intensiva), da cui veniva dimesso il giorno seguente senza ricevere le opportune informazioni circa la gravità del suo stato di salute né, tantomeno, le opportune cure.
I sanitari in servizio presso la struttura sanitaria, infatti, sottovalutavano il caso del paziente e, nonostante fossero perfettamente a conoscenza dell’intossicazione, dopo l’accettazione non ponevano in essere alcuna procedura di decontaminazione né di prevenzione o limitazione dell’ulteriore assorbimento della sostanza velenifera, relegando il paziente – per l’intera notte – su una brandina senza alcuna assistenza e/o monitoraggio.
Lo sventurato paziente, il mattino seguente, veniva dimesso con la medesima superficialità con cui era stato preso in cura, senza essere informato in alcun modo né della gravità della sua condizione clinica né tantomeno dell’importanza di rimanere in osservazione al fine di limitare il rischio letale cui andava incontro.
Il giorno successivo, dopo pochi minuti dalle intervenute dimissioni, il paziente, in preda a violente convulsioni e ad un blocco renale, si recava nuovamente presso il Pronto Soccorso della struttura sanitaria, ove decedeva poco dopo per arresto cardiorespiratorio.
Il Tribunale:
– accoglie le tesi dei familiari del paziente;
– rigetta le tesi della struttura sanitaria;
– riconosce il danno da perdita di occasione favorevole subìto dalla vittima in vita;
– condanna la struttura sanitaria al risarcimento dei danni subiti in vita dal de cuius;
– liquida agli eredi (moglie e figlie) del de cuius il danno da perdita di chance, trasmesso loro iure hereditatis dal defunto, per la perdita delle serie, concrete ed apprezzabili chance di sopravvivenza che lo stesso avrebbe avuto in caso di corretta e tempestiva strategia terapeutica.
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Risarcimento di € 1.274.210,06 – morte per errore medico – infezione mortale
A cura dell’Avv. Vincenzo Liguori
Trib. Salerno 19/10/2023 n. 5267: responsabilità per infezione ospedaliera e decesso del paziente.
Il paziente, nel corso del ricovero, presentava chiari segni di patologie infettive di origine
nosocomiale, riguardanti il tratto urinario ed il sistema respiratorio; nonostante ciò, non veniva sottoposto dal personale sanitario ai doverosi esami colturali, ma veniva semplicemente avviato a terapia antibiotica empirica, rivelatasi poi inefficace.
L’iter clinico veniva aggravato dalla comparsa di un’ulcera da decubito di 4° grado (del tutto ignorata dai sanitari in servizio), che conduceva il paziente ad uno stato settico.
Ciononostante, i medici in servizio non effettuavano alcuna consulenza infettivologica e non
iniziavano tempestivamente alcun trattamento antibiotico empirico ad ampio spettro.
Nei giorni successivi il paziente subiva un netto peggioramento del suo stato di salute nonché lesioni personali che peggioravano sempre più fino a provocarne il successivo decesso, avvenuto in costanza di ricovero.
Il paziente, a causa dei predetti errori medici, subiva in vita eccezionali sofferenze fisiche, psichiche, biologiche, esistenziali e morali, per il periodo di lenta ma progressiva lucida agonia intercorso tra il ricovero ed il successivo decesso.
Il Tribunale:
– accoglie le tesi dei familiari del paziente;
– rigetta le tesi della struttura sanitaria;
– riconosce il danno catastrofale (da lucida agonia) subìto dalla vittima nel periodo di ricovero;
– riconosce il danno da perdita del rapporto parentale subìto dalla moglie e dai figli superstiti;
– condanna la struttura sanitaria al risarcimento di tutti i danni subiti;
– liquida agli eredi (moglie e figli) il danno terminale subito in vita dal de cuius, trasmesso loro iure hereditatis, nonché il danno morale ed esistenziale patìto iure proprio per la perdita del congiunto.
Risarcimento di € 44.306,49 per un danno biologico del 9% con personalizzazione.
A cura dell’Avv. Vincenzo Liguori
App. Napoli 27/6/2023 n. 3013: responsabilità per infezione ospedaliera.
Paziente sottoposto ad intervento chirurgico di tenorrafia, a seguito del quale contraeva infezione nosocomiale da Pseudomonas aeruginosa, causalmente riconducibile alla condotta colposa dei medici e dell’ortopedico che lo avevano preso in cura.
L’equipe chirurgica non aveva applicato la corretta profilassi antibiotica pre, intra e post operatoria, mentre la struttura sanitaria non aveva preventivamente proceduto alla corretta sterilizzazione della sala operatoria, disattendendo così le raccomandazioni riportate dalle Linee guida SIOT 2008 (Società Italiana Ortopedia e Traumatologia), aventi ad oggetto la “Antibiotico profilassi perioperatoria nell’adulto”.
L’infezione contratta all’interno dell’ospedale determinava la deiscenza settica della ferita chirurgica e la conseguente cronicizzazione e fistolizzazione del processo settico locale.
La Corte di Appello:
– Rigetta le tesi della struttura sanitaria appellante;
– Accoglie le tesi del danneggiato (appellante incidentale);
– Aumenta la liquidazione risarcitoria riconosciuta in primo grado;
– Riconosce la liquidazione dei danni successivi alla sentenza di primo grado.
Risarcimento di € 13.108,24 per un danno biologico differenziale del 2% con personalizzazione.
A cura dell’Avv. Vincenzo Liguori
App. Napoli 9/6/2023 n. 2649: responsabilità per infezione ospedaliera ed osteomielite.
Raddoppiato, in Appello, l’importo risarcitorio liquidato al danneggiato in primo grado.
Paziente affetto da frattura trimalleolare trattata chirurgicamente con intervento di riduzione, a seguito del quale contraeva infezione nosocomiale dovuta alla condotta colposa dei medici e dell’ortopedico che presero in cura.
L’equipe chirurgica e la struttura sanitaria non avevano eseguito una corretta asepsi del materiale chirurgico ed avevano altresì disatteso le raccomandazioni riportate dalle Linee guida SIOT 2008 (Società Italiana Ortopedia e Traumatologia), relative alla necessaria profilassi antibiotica perioperatoria.
L’infezione contratta all’interno dell’ospedale e la conseguente patologia osteomielitica contratta in ambiente ospedaliero determinavano un ritardo di 70 giorni per la guarigione del paziente nonché maggiori postumi permanenti.
La Corte di Appello, in riforma della decisione di primo grado:
– accoglie le tesi del danneggiato;
– rigetta le tesi della struttura sanitaria;
– condanna la struttura sanitaria al risarcimento dei maggiori danni subiti dal paziente;
– liquida in favore del danneggiato il risarcimento del danno non patrimoniale mediante il criterio correttivo del danno differenziale, personalizzandolo in ragione delle peculiarità del caso concreto.
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Risarcimento di € 540.529,66 per una perdita di chance di sopravvivenza del 50%.
A cura dell’Avv. Vincenzo Liguori
Trib. Napoli 19/5/2023 n. 5201: responsabilità per omessa asportazione dei calcoli biliari, infezione nosocomiale, pancreatite necrotica e decesso del paziente.
Paziente sottoposto ad un errato intervento chirurgico di colecistectomia laparoscopica con incompleta asportazione di tutti i calcoli biliari, conseguente migrazione iatrogena dei calcoli nella via biliare della colecisti, ittero causato da un’ostruzione del coledoco e successiva pancreatite acuta.
I medici, dopo l’intervento chirurgico di colecistectomia laparoscopica, erroneamente ed incautamente dimettevano il paziente senza praticargli esami strumentali per valutare l’esistenza di calcoli non asportati e senza somministrargli alcuna terapia per evitare la formazione di ulteriori calcoli, provocando altresì un’infezione latente che si manifestava tramite l’insorgenza di pancreatite acuta successivamente evolutasi in pancreatite necrotica.
Gli operatori e le equìpe chirurgiche, inoltre, nel corso dei vari ricoveri, non valutavano il paziente secondo gli indici di gravità clinica adeguati al caso concreto e ciò non consentiva loro di considerare la reale gravità del caso e di optare per il più idoneo, corretto e tempestivo approccio terapeutico e/o chirurgico.
Le strutture responsabili, inoltre, non avevano istituito alcuna Commissione tecnica responsabile della lotta contro le infezioni nosocomiali e non avevano adottato alcuna idonea strategia preventiva e/o presidio atto a prevenire il rischio di infezioni ospedaliere.
La mancata adeguata profilassi antibiotica e la scarsa sterilità delle sale operatorie, del materiale chirurgico utilizzato e del personale, provocavano l’inoculazione di germi nel cavo operatorio e un’infezione da contaminazione iatrogena di microrganismi patogeni nosocomiali quali Streptococcus Anginosus, Acinetobacter Baumani, Candida Albicans e Pseudomonas Aeruginosa.
Il paziente, a causa dei predetti errori medici, subiva in vita eccezionali sofferenze fisiche, psichiche, biologiche, esistenziali e morali, per il periodo, durato circa due anni e mezzo, di lenta ma progressiva agonia intercorso tra il primo intervento ed il successivo decesso
Il Tribunale:
– accoglie le tesi dei familiari del paziente;
– rigetta le tesi delle strutture sanitarie;
– riconosce il danno da perdita di occasione favorevole subìto dalla vittima in vita;
– condanna le strutture sanitarie al risarcimento di tutti i danni subiti in vita dal de cuius;
– liquida agli eredi (moglie e figli) del de cuius il danno da perdita di chance, trasmesso loro iure hereditatis dal defunto, per la perdita delle concrete chance di sopravvivenza che lo stesso avrebbe avuto in caso di corretta e tempestiva strategia chirurgica.
- Pubblicato il Danni da morte, Danno da perdita di chance, Danno da perdita di chance di sopravvivenza, Danno non patrimoniale da perdita di chance di sopravvivenza, Danno terminale, Errore medico, Infezione, Infezione nosocomiale, Macro risarcimento danni, Malasanità, Maxi risarcimento danni record, Medical malpractice, Medmal, News, News Legali, Omessa diagnosi, Responsabilità medica e sanitaria
Risarcimento di € 363.292,72 per un danno biologico del 50%.
A cura dell’Avv. Vincenzo Liguori
Trib. Napoli 17/5/2023 n. 6808: responsabilità per omessa diagnosi infettiva di osteomielite e successiva amputazione dell’arto inferiore.
Paziente affetto da una semplice ulcera cutanea al piede sinistro, ricoverato presso la struttura sanitaria ed ivi sottoposto a terapia antibiotica.
Nel corso della degenza, nonostante emergesse la positività ai germi patogeni Stafilococco aureo e E. Faecalis, il paziente non veniva sottoposto ai necessari approfondimenti diagnostici laddove la persistenza di un grave processo infettivo a carico dell’arto inferiore rendeva senz’altro necessaria l’esecuzione di indagini strumentali ulteriori al fine di indagare l’eventuale coinvolgimento dei tessuti molli e, dunque, la presenza o meno di un quadro osteomielitico, il cui rischio di verificazione era altamente probabile, alla luce delle circostanze del caso concreto.
A causa del persistere della condotta omissiva dei medici, l’infezione osteomielitica evolveva in gangrena gassosa dell’arto inferiore sinistro, necessitevole di un intervento urgente “salvavita” di amputazione coscia sinistra.
Sebbene l’inquadramento della patologia sia risultato corretto e il trattamento antibiotico praticato risultasse inizialmente adeguato, la complessiva gestione clinica del paziente non è stata conforme alle linee guida dettate in materia.
Ed, invero, la necessità di un approfondimento diagnostico, nel caso di specie, era resa ancor più evidente:
– dall’alterazione dell’indice ematico del PCR, il cui innalzamento a distanza di una settimana avrebbe dovuto far sospettare la presenza di una osteomielite;
– dalla localizzazione della lesione cutanea – posizionata in corrispondenza di una prominenza ossea – che rendeva altamente probabile un interessamento dei tessuti molli ed ossei sottostanti.
Tale omissione diagnostica ha assunto, alla luce del successivo iter clinico del paziente, rilievo dirimente nella misura in cui, impedendo il tempestivo riscontro di un’estensione del processo infettivo ai tessuti sottostanti, non ha consentito di diagnosticare il quadro osteomielitico insorto e, per l’effetto, di prevenire, mediante l’adozione di un adeguato piano terapeutico, la progressiva e nefasta evoluzione clinica manifestatasi successivamente, rappresentata dall’insorgenza di una gangrena gassosa dell’arto e la conseguente necessaria amputazione del medesimo.
Il Tribunale:
– accoglie le tesi del danneggiato;
– rigetta le tesi della struttura sanitaria e dell’impresa di assicurazione intervenuta;
– disattende parzialmente la C.T.U. medico-legale, accogliendo l’impugnativa formulata dal danneggiato in merito alla paventata incidenza concausale attribuita alla sua condotta successiva alle dimissioni (definita “inerte” e “negligente” dal C.T.U.);
– liquida al danneggiato:
► il danno non patrimoniale conseguente alla lesione della salute (comprensivo del danno alla vita di relazione e del danno morale/da sofferenza interiore) sulla scorta delle tabelle del Tribunale di Milano;
► il danno emergente passato per le spese sostenute.
- Pubblicato il Consenso informato, Danno iatrogeno differenziale, Danno morale, Danno non patrimoniale, Danno patrimoniale, Errore medico, Macro risarcimento danni, Malasanità, Maxi risarcimento danni record, Medical malpractice, Medmal, News, News Legali, Personalizzazione, Responsabilità del chirurgo, Responsabilità medica e sanitaria, Risarcimento danni
Risarcimento di € 46.557,62 per un danno biologico differenziale del 6% con personalizzazione.
A cura dell’Avv. Vincenzo Liguori
Trib. Napoli 31/1/2023 n. 1392: responsabilità del chirurgo ortopedico.
Il danneggiato, affetto da frattura scomposta del femore sinistro (frattura multipla meta-diafisaria del femore sinistro), ha convenuto in giudizio l’Azienda Ospedaliera per sentirla condannare al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali dallo stesso subiti in seguito all’erronea esecuzione dell’intervento chirurgico di osteosintesi espletato presso la struttura sanitaria.
Il Tribunale:
– accoglie le tesi del danneggiato;
– rigetta le tesi della struttura sanitaria;
– condanna la struttura sanitaria al risarcimento dei danni subiti a causa dell’errato intervento chirurgico di riduzione e sintesi della frattura;
– liquida in favore del danneggiato il risarcimento del danno non patrimoniale:
► mediante il criterio correttivo del danno differenziale iatrogeno;
► riconoscendo l’autonomia del danno da lesione del diritto all’autodeterminazione e del danno morale rispetto al danno alla salute.
Risarcimento di € 53.308,28 per un danno biologico differenziale del 7% con personalizzazione.
A cura dell’Avv. Vincenzo Liguori
Trib. Napoli 14/9/2022 n. 11327: responsabilità del chirurgo ortopedico.
I genitori del danneggiato minorenne, affetto da deformazione congenita del piede, hanno convenuto in giudizio l’Azienda Ospedaliera Universitaria per sentirla condannare al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti dal figlio in seguito all’erronea esecuzione dell’intervento di Codivilla, finalizzato al trattamento del piede torto da cui era affetto fin dalla nascita.
Il Tribunale:
– accoglie le tesi dei danneggiati;
– rigetta le tesi della struttura sanitaria;
– condanna la struttura sanitaria al risarcimento dei danni subiti dal minore a causa dell’errato trattamento (il quale, se correttamente eseguito, avrebbe risolto completamente la problematica congenita da cui era affetto il minore);
– liquida in favore del minore il risarcimento del danno non patrimoniale:
► mediante il criterio correttivo del danno differenziale iatrogeno;
► riconoscendo l’autonomia del danno da lesione del diritto all’autodeterminazione e del danno morale rispetto al danno alla salute.