Cass. 15/7/2008 n. 19445
Risarcimento del danno patrimoniale da lucro cessante da inabilità permanente: il danno patrimoniale da lucro cessante da inabilità permanente è risarcibile anche al giovane soggetto disoccupato
L’avv. Michele Liguori è stato uno dei primi avvocati a sostenere e veder riconosciuto, in una causa da esso patrocinata, il principio secondo cui il danno da lucro cessante da inabilità permanente va liquidato anche al giovane soggetto disoccupato.
La domanda risarcitoria proposta in tale causa il lontano il 3/6/1992 e relativa a tale posta del danno è stata rigettata sia dal Tribunale di Torre Annunziata che dalla Corte di Appello di Napoli in quanto non era stata fornita “una prova rigorosa ai sensi dell’art. 2697 c.c.” della suddetta voce di danno e rilevando “per incidens, che il predetto aveva tredici anni all’epoca del sinistro e che all’epoca della seconda CTU aveva ventiquattro anni ed era ancora disoccupato” (App. Napoli 4/6/2004 n. 1849).
Dopo il rigetto dell’appello l’avv. Michele Liguori è stato uno dei primi avvocati a portare la questione innanzi alla Suprema Corte di Cassazione e ad ottenere la conferma della bontà delle tesi da esso sostenute.
La Suprema Corte di Cassazione, infatti, nella causa patrocinata dall’avv. Michele Liguori ha accolto il ricorso ed ha affermato che “l’essere disoccupati a ventiquattro anni è di per sé un evento ininfluente sulla valutazione dell’an debeatur e del quantum relativi al risarcimento del danno sia perché, normalmente, la disoccupazione non è frutto di una scelta di vita ma è imposta da situazioni contingenti che, si auspica, verranno superate, sia perché essa rappresenta un dato dal carattere ambivalente, potendo la disoccupazione essere stata causata dalle non perfette condizioni fisiche del soggetto che possono rappresentare un ostacolo all’impiego, soprattutto nelle situazioni e nei luoghi di disagio occupazionale, ove si richiede la massima flessibilità nell’offerta delle prestazioni lavorative e l’adattabilità del lavoratore a svolgere la più ampia gamma di compiti. Lo stato di disoccupazione, potrebbe quindi, costituire parte o evidenza del danno, anziché dimostrarne l’insussistenza” (Cass. 15/7/08 n. 19445).
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